Ecco il tunnel che unisce Europa e Asia la Turchia corona il suo sogno ottomano

by Sergio Segio | 30 Ottobre 2013 7:17

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La Turchia si è fatta un regalo per i 90 anni della sua nascita: il più profondo tunnel sottomarino del mondo. A Istanbul, l’Europa si collega ora all’Asia anche con un metro ferroviario che attraversa lo Stretto del Bosforo fino a 62 metri sotto il livello dell’acqua. E’ il progetto Marmaray, nome che unisce il Mare di Marmara alla parola turca “ray” (binario), inaugurato ieri in un tripudio di bandiere rosse con la mezzaluna e la stella.
Il Paese che punta entro il 2023 a entrare fra le 10 economie più forti del mondo, e che però deve ancora combinare il suo prorompente sviluppo con un livello di democrazia piena (come ha evidenziato la rivolta dello scorso giugno a Piazza Taksim, poi duramente repressa dal premier Erdogan), continua a tappe forzate il totale ammodernamento dei suoi trasporti. Non ci sono solo i successi della Turkish Airlines, la compagnia di bandiera pluripremiata all’estero; non c’è solo la riorganizzazione della rete autostradale, che permette a migliaia di autobus sempre più comodi di raggiungere ogni villaggio dell’Anatolia; la nuova frontiera è ora la ferrovia, e con essa i binari del metro, pure sott’acqua.
I grandi quotidiani di Istanbul hanno ribattezzato Marmaray come “La via della seta 2.0”, accostando l’aspetto tecnologico alle parole del governo che ha lanciato il progetto come il primo collegamento ferroviario tra la Cina e l’Europa occidentale. Per ora, al prezzo di 70 centesimi di euro, i quasi 14 chilometri di tunnel uniscono una stazione sulla riva europea a un terminal su quella asiatica. Il traffico, in una metropoli la cui popolazione è stimata attorno ai 15 milioni di abitanti, è una piaga quotidiana, capace di fare sostare in strada per ore. Adesso il trasporto previsto di Marmaray raggiungerà i 1,5 milioni di passeggeri al giorno: una cifra in grado di abbattere drasticamente (del 20% almeno) la viabilità su strada. La colossale galleria può sopportare scosse fino al
9° grado della scala Richter (quella che colpì la Turchia nel 1999 fu di 7,8 gradi e uccise 18 mila persone), e oggi è ritenuta il luogo più sicuro della città. Una seconda corsia, destinata alle autovetture, sarà completata entro il 2015.
Il progetto è in realtà una vecchia idea dell’Impero Ottomano sul finire dell’Ottocento. Problemi di tecnologia e di finanziamenti costrinsero però i sultani a rimettere i disegni degli architetti in un cassetto. Ma Tayyip Erdogan, che di Istanbul è stato sindaco prima di diventare premier, ha ripreso in mano il piano. La prima pietra è stata posta nel 2005, per una costruzione che doveva concludersi 4 anni dopo. Gli scavi fecero tuttavia emergere la presenza di reperti archeologici di eccezionale valore, tali addirittura da datare la nascita della città a più di 8.500 anni fa, e non a 6.000. Saranno tutti esposti in un parco archeologico.
Costruito da un consorzio turco- giapponese (ieri a Istanbul c’era il premier nipponico Shinzo Abe), il tunnel ferroviario sotto il Bosforo è solo uno dei progetti di grandi infrastrutture voluti dal premier Erdogan. Tra gli altri ci sono un terzo ponte sullo Stretto, la realizzazione dell’aeroporto più grande del mondo a Istanbul (e l’unico chiaramente visibile dallo spazio), e di un canale parallelo al Bosforo. Una volta ultimato, Marmaray diventerà anche uno snodo della linea ad alta velocità tra Istanbul e la capitale Ankara e, più ad ampio raggio, tra le linee ferroviarie in arrivo dai Paesi asiatici e quelle dirette verso l’Europa.
Ma spingendo su questi piani il governo ha attirato su di sé l’accusa di voler attuare cambiamenti senza consultazioni pubbliche, alimentando l’ondata di proteste scoppiata in Turchia lo scorso giugno. Allora il motivo scatenante del via alle proteste fu il piano
di abbattere 600 alberi al Gezi Park di Istanbul, nell’ambito di un piano di riammodernamento della centralissima Piazza Taksim. Dopo un violento intervento della polizia per disperdere il sitin con lacrimogeni e cannoni ad acqua, le proteste si trasformarono in cortei contro l’esecutivo e il suo orientamento sempre più marcatamente religioso, estendendosi a molte città del Paese. La repressione che ne seguì portò alla morte di 5 persone, fra cui un agente. L’altro giorno l’assoluzione in tribunale di un poliziotto per l’uccisione di un dimostrante ha causato nuove proteste. Così come si continua a manifestare in un’università di Ankara per il taglio di centinaia di alberi destinati a fare spazio a una nuova superstrada. Ieri gas lacrimogeni sono stati usati a Istanbul nel quartiere di Beyoglu, l’antica Pera, per respingere la protesta di migliaia di oppositori al tunnel Marmaray. La Turchia che comincia oggi il suo cammino verso i 100 anni, nel 2023, dovrà sapientemente regolare il suo vorticoso sviluppo.

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