Ecotassa sui camion, retromarcia del governo. E Hollande va a picco
A rivoltarsi, la Bretagna, regione dove il settore agro-alimentare sta attraversando una forte crisi e dove pochi giorni fa ci sono stati scontri tra operai al macello Gad, tra chi ha conservato il lavoro e chi è stato licenziato. Manifestanti con berretti rossi – in ricordo della rivolta contro la carta bollata del 1685, che doveva servire a Luigi XIV per finanziare la guerra contro …l’Olanda – si sono scontrati violentemente con la polizia lo scorso fine settimana, c’è stato un ferito grave.
La destra, l’estrema destra e il padronato (Medef e Fnsea, la Confagricoltura francese) cantano vittoria, mentre a sinistra, Front de gauche e Verdi sono indignati per l’ennesimo passo indietro del governo e continuano a difendere una tassa «intelligente», che sarebbe dovuta servire per riorientare l’approvvigionamento, favorire la produzione locale e lottare contro l’effetto serra. Per Europa Ecologia-Verdi, che hanno due ministri nel governo, l’abbandono dell’ecotassa potrebbe essere l’ultimo rospo impossibile da digerire e diventare il pretesto per uscire dall’esecutivo e provocare la caduta di Ayrault. L’eurodeputato verde José Bové ha parlato di rinuncia «spregevole». Anche nel Ps ci sono molti critici. Per André Chassaigne, capogruppo del Front de Gauche all’Assemblea, «quando non viene dato un senso all’imposta si scatenano questo tipo di movimenti, quando si fa improvvisazione e bricolage fiscale, si svalorizza l’imposta» che è alla base del patto repubblicano. A destra, l’Ump è particolarmente ipocrita: l’ecotassa era stata votata ai tempi di Sarkozy, per entrare in vigore nel 2014.
Ayrault ha giustificato il passo indietro come un’apertura al dialogo con la protesta anti-fisco. Il primo ministro ha precisato che «sospensione» non significa «abbandono». La tassa, ispirata da una direttiva europea del ’99 che ha istituito l’euro-bollo per lottare contro il riscaldamento climatico, potrebbe venire modificata.
Ma questo episodio rischia di segnare una svolta verso l’abisso della presidenza Hollande. Il presidente, già ampiamente scottato dall’intervento inopportuno sul caso Leonarda, si è rinchiuso in un «no comment». I sondaggi rivelano un indice di gradimento al 26%, il più basso mai raggiunto da un presidente nella V Repubblica. La rinuncia arriva dopo altri passi indietro sul delicato fronte fiscale: la tassa al 75% sui redditi oltre il milione l’anno è stata censurata dal Consiglio di stato, ridotta al 66% e ormai applicata alle società e non agli individui, tra mille contestazioni, ultima quella delle squadre di calcio, che saranno ricevute da Hollande; il tetto agli stipendi degli alti dirigenti pubblici è saltato e sostituito con una vaga «autoregolazione esigente»; i piccioni (imprenditori di start up) e i pulcini (auto-imprenditori) hanno già fatto piegare il governo; il rialzo dell’Iva è stato rivisto, così come la tassazione delle imprese. Annullata, infine, una tassa sul risparmio popolare.
I ministri parlano a vanvera, si contraddicono. Persino il ministro delle finanze, Pierre Moscovici, ha ammesso che «c’è un’esasperazione fiscale». Hollande paga caro il peccato originale, cioè il non aver saputo o voluto affrontare Merkel per modificare la politica europea e avviare il rilancio dell’economia della Ue. L’ecotassa avrebbe dovuto portare almeno 1,2 miliardi nelle casse dello stato: adesso dovranno essere trovati altrove, probabilmente nei tagli al welfare, che scontenteranno l’ala più a sinistra dell’elettorato, completando il cerchio della delusione. La Francia, difatti, come gli altri paesi Ue, deve rispettare un programma di forte austerità per ridurre il deficit, anche se ha ottenuto due anni di più per rientrare nei parametri di Maastricht. Tra l’altro, c’è persino confusione sulla penale che sembra che la Francia debba pagare a una società italiana, la Ecomouv, che aveva firmato un contratto per la raccolta dell’imposta.
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