Effetto pagamenti, il deficit sale a 75 miliardi

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ROMA — Il fabbisogno di cassa dello Stato continua a crescere. Nel solo mese di settembre lo sbilancio tra entrate e uscite è stato di 15,5 miliardi di euro, oltre 4 in più rispetto al fabbisogno del settembre 2012. Nei primi nove mesi dell’anno il disavanzo tocca così i 75 miliardi di euro, contro i 44 dello stesso periodo dell’anno scorso. Al ministero dell’Economia c’è molta attenzione sull’evoluzione dei conti, ma non particolare preoccupazione.
Le cause del peggioramento, e in particolare il pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, che spingeranno al rialzo il fabbisogno di quest’anno di quasi 27 miliardi, erano scontate. A settembre scorso l’accelerazione dei pagamenti alle imprese ha comportato un maggior tiraggio delle amministrazioni dal conto di tesoreria, rispetto al settembre del 2012, per 2,4 miliardi di euro. Poi ci sono stati 400 milioni di euro di maggiori rimborsi fiscali, che quest’anno supereranno quelli dell’anno scorso di 3,5 miliardi di euro, ed una maggior spesa per interessi di 1,5 miliardi. Dovuta, quest’ultima, solo a una diversa calendarizzazione delle emissioni di titoli pubblici rispetto all’anno scorso.
In compenso, dai dati del mese scorso, ancora provvisori, emerge una buona notizia. La conferma che nonostante la pessima congiuntura le entrate fiscali delle Stato stiano tenendo. Anzi, secondo il ministero dell’Economia, a settembre sono migliorate rispetto alle previsioni.
I dati, tuttavia, confermano la situazione ancora molto difficile del bilancio pubblico e dell’indebitamento, che viaggia oltre il tetto del 3% del prodotto interno lordo e che deve essere riportato in linea. Il ministro Fabrizio Saccomanni è pronto a varare le misure di correzione del bilancio e lo farà, assicurano dal Tesoro, non appena la situazione politica si sarà chiarita. Sempreché tutto non precipiti, il che aprirebbe, come sottolinea il centro Studi della Confindustria, scenari drammatici. «Una nuova ondata di instabilità parlamentare peggiorerebbe nettamente lo scenario economico», con un calo del pil dell’1,8% già quest’anno, contro il -1,7% stimato dal governo, e dello 0,3% nel 2014, quando secondo i documenti ufficiali dell’esecutivo, l’economia dovrebbe tornare a crescere dell’1%%. E ci sarebbe un’ulteriore caduta della crescita, dello 0,9%, anche nel 2015, quando si conterebbero, rispetto ad oggi, altri 250 mila posti di lavoro in meno.
Perché ciò accada, avvisa Confindustria, basterebbe poco, solo ritornare alla confusione osservata tra fine 2012 e i primi mesi di quest’anno, con un allargamento dello spread sui titoli di Stato di 100 punti base ed un nuovo calo della propensione ai consumi e agli investimenti. Il peggio è che in queste condizioni, e con questa legge elettorale, se anche si tornasse a votare, secondo Confindustria, non si risolverebbe un granché. «L’incertezza politica rimarrebbe anche dopo l’eventuale ricorso alle urne» dice la Confindustria.
Per gli industriali è essenziale che il governo riprenda a lavorare a pieno ritmo sui problemi dell’economia, per aiutare l’aggancio alla ripresa internazionale. Oltre al pagamento dei debiti della pubblica amministrazione, «che deve essere accelerato, perché uno Stato che non paga le sue imprese è uno stato incivile» ha detto ieri il presidente Giorgio Squinzi, «bisogna alleggerire la pressione fiscale sul lavoro e sull’impresa, arrivata a livelli economicamente insopportabili e moralmente inaccettabili», con un «intervento deciso sul cuneo fiscale».
Mario Sensini


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