Il Pd e lo strano caso di Asti: albanesi due neo iscritti su tre

by Sergio Segio | 30 Ottobre 2013 7:05

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Per passione, fa l’attore recitando persino in piemontese. Per Giorgio Ferrero, il candidato renziano in testa alla corsa per la segreteria pd di Asti, è l’asso nella manica. Perché c’è poco da fare: il suo sostenitore Hasan è, di fatto, l’arbitro dei congressi del Partito democratico.
Guarda un po’ che succede sotto il cielo color lamiera della città del Moscato: la stragrande maggioranza dei nuovi iscritti al Pd è, come Bulcari, albanese. Una folgorazione collettiva: i democratici albanesi hanno tutti scoperto la fede politica soltanto domenica scorsa.
La sede del Pd di Asti guarda su piazza Statuto, nel cuore della città che siede tra Langa e Monferrato. In un ufficio disadorno, c’è Alfredo Castaldo. Come presidente della commissione provinciale per il congresso, i numeri — e le grane — arrivano sulla sua scrivania. E lui li legge: «Nel 2012, i tesserati pd a Asti erano 165. Nei giorni precedenti al congresso, se ne erano aggiunti un paio di centinaia. Una cosa in fondo abbastanza normale: il congresso, come dire… movimenta». Molto meno prevedibile quello che è accaduto domenica scorsa, in sede congressuale: «Abbiamo fatto 341 nuove tessere in quattro ore. Di queste, 230 sono andate a cittadini extracomunitari». Due iscrizioni al partito su tre. Perlopiù da parte di cittadini albanesi? «Non solo. Anche romeni, alcuni marocchini… Però, sì: perlopiù albanesi». Molti dei quali, ironia delle primarie, al momento buono neppure potranno votare. C’è chi si arrabbia, si capisce. L’antagonista di Ferrero, la segretaria uscente Francesca Ferraris sbotta: «Pongo la questione morale su cose che tutti hanno visto». Quali cose, le racconta un dirigente: «Al congresso c’erano donne con bambini in braccio, imprenditori con i dipendenti, interi condomini…». Il tutto in una provincia che nell’intera sua storia ha espresso solo un consigliere comunale che non fosse certificato Made in Italy. Per la cronaca, un romeno a Villafranca d’Asti. Tra l’altro, la discesa in campo albanese non riguarda soltanto il capoluogo. Come riferisce lospiffero.com, a Rocchetta Tanaro Cesio, i 40 iscritti sono diventati da un giorno all’altro centotrenta. Quasi tutti extracomunitari e quasi tutti «lavoratori di un’impresa edile del paese, la Bibaj».
Il problema esiste. «Anche perché — spiega Castaldo — questo non è un voto per le primarie. È un congresso. Si tratta di iscrizioni al partito». Difficile però che i 341 nuovi democratici si vedranno poi molto: «Appunto. Però nella fase di elezione si vedono eccome…». È normale che un congresso — e dunque un partito — possa essere condizionato da soggetti in qualche modo organizzati che c’entrano poco o nulla con la storia del partito stesso? Bisogna chiederlo a Giorgio Ferrero, 47 anni, imprenditore vinicolo e concorrente alla segreteria astigiana nel nome di Renzi: «Ma guardi che il problema è nel regolamento. È stato deciso che ci si può iscrivere al partito persino a congresso già iniziato? Beh, è evidente che certi fenomeni possano verificarsi. Ma comunque, il punto è questo: non è che si possa parlare di integrazione e poi scandalizzarsi perché c’è chi ti prende in parola».
Di certo, la partita non è chiusa. Spiega Castaldo che «ora le votazioni dovranno essere convalidate e la regola prescrive che gli aumenti degli iscritti sopra il 25% vadano messi sotto osservazione». Il che significa? «Faremo probabilmente una revisione delle liste. Dovremo capire se hanno preso la tessera pregiudicati, se ci sono state forme di organizzazione del voto come l’iscrizione in massa dei dipendenti di una determinata azienda o di un condominio… Ma questo è un organo tecnico. La soluzione politica può essere trovata soltanto dai candidati».
A questo punto bisognerà chiedere a Hasan Bulcari il suo segreto. Come ha fatto a mobilitare gli albanesi d’Asti? «A dire il vero, non sono stato io. Sono stati una decina di amici, gente con cui ci si aiutava nei primi anni in Italia. Certo, io sono attivo nella comunità. Ma il passaparola è stato avviato da loro». E la politica è una passione vera: «Credo Renzi sia la penultima fermata. L’ultima, come ha detto Mario Moncelli, “purtroppo è la rivoluzione”».
Marco Cremonesi

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