La riscossa di ex dc e socialisti ecco chi ci ha messo la firma

by Sergio Segio | 3 Ottobre 2013 7:09

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ROMA — Cinque calabresi e sei siciliani. I due blocchi portanti, una sorta di nucleo «normanno». Dietro di loro, vincolo politico e di stretta amicizia, il Governatore del Pdl in Calabria, Scopelliti, e il vincitore della giornata, Angelino Alfano. Durante la notte erano arrivati a 32 . Il Cavaliere li ha chiamati quasi tutti, a cena, dopo cena, alle ore piccole: ne ha riconquistati solo nove.
Il più giovane, politicamente, Vincenzo D’Ascola, detto Nico, 59 anni, di Reggio Calabria, avvocato, già ordinario alla Sapienza, allievo di Giuliano Vassalli, entrato nel Pdl a febbraio, si racconta così: «Mi sono chiesto cosa avrei fatto se avessi avuto 18 anni, ho scelto subito il mio Paese. Berlusconi mi ha chiamato, è stato molto civile, quando ci aveva incontrati aveva detto che mai avrebbe fatto cadere il governo. Se non avessi firmato per la fiducia mi sarei dimesso».
Il più vecchio, politicamente, Paolo Naccarato, una volpe della politica, per anni uomo di fiducia di Cossiga, eletto insieme a Tremonti, è senza alcun vincolo di partito. Ne ha viste tante, ma quella di ieri è degna di memoria ulteriore: «Ho incontrato Berlusconi e l’ho abbracciato, gli ho ricordato quello che diceva Cossiga, che nei momenti più importanti bisogna che accetti l’aiuto degli altri, anche contro la sua volontà». E le ha risposto? «Che è vero». Una morale? «Siamo diventati più europei».
Ventitré firme, altrettante storie. Al Senato, tutte per Letta. È la frattura nel Pdl che condiziona la giornata. Andrea Augello, ex An, ex missino, già Fronte della Gioventù, come Scopelliti, firma anche lui: è da sempre ideologo di qualcosa, apprezzato per le sue analisi («abbiamo evitato una ridotta del ’94»), appassionato di storia, difensore del Cavaliere in Giunta. «Penso ai Ronin: i samurai erano organizzati per famiglie, quando restavano senza clan diventavano Ronin, guerrieri solitari e raminghi. Oggi mi sento così». La sua battaglia l’ha combattuta per conto del Pdl originale, contro «la disinformazione alla quale Berlusconi è stato sottoposto. E un omaggio va a Paolo Romani, al fotofinish ha fatto incontrare Alfano e Berlusconi».
Li hanno chiamati traditori, li hanno ingiuriati, sono volate parole grosse. Fitto e Alfano sembra abbiano rotto un’amicizia, due notti fa. Bondi ne ha puntati tanti, apostrofati molti; a Mario Mauro, che è di Scelta Civica, ma ha giocato un ruolo importante, ha detto di «vergognarsi». Di cosa? Si chiede Antonio Caridi, calabrese, 12 mila voti alle ultime elezioni: «I miei elettori sono imprenditori, aziende, famiglie, tutti mi hanno chiesto di proteggere il governo. Se tradivo il governo tradivo il Paese».
Gli altri calabresi, Piero Aiello, Antonio Gentile, Giovanni Bilardi, si sono riuniti nella sede della Regione, a Reggio, e hanno deciso; due notti fa uno di loro, mentre passeggiavano al Pantheon, ha ricevuto la chiamata del Cavaliere. È stato diretto, come sempre: «È una vicenda personale…». Poco dopo sono arrivati i siciliani, era successo anche a loro. Hanno riflettuto sulle provenienze: ex missini, ex democristiani, ciellini, liberali; quasi un sussulto della Prima Repubblica.
Salvo Torrisi, 55 anni, a 18 ha già la tessera, a Paternò, in provincia di Catania: una famiglia con la scudocrociato nel cuore, il padre e lo zio due big della politica siciliana. È avvocato civilista, ex presidente dell’ordine, un passaggio nei Popolari, infine Forza Italia: 13 mila voti nel ’90. È convinto di questo: «Restano le ragioni delle larghe intese, le elezioni sarebbero la deriva del Paese. Questo è un buon governo, il migliore che il Paese potrebbe avere, ha qualità, Letta è un ottimo premier, la stagione del bipolarismo per me è fallita, sinistra e destra hanno fatto solo danni».
Insieme a lui hanno firmato gli altri fedelissimi di Alfano: Pippo Pagano, Bruno Mancuso, Francesco Scoma, Marcello Gualdani, Giuseppe Marinello. Due settimane fa erano a cena dal Cavaliere, sembrava una riconciliazione, era un’apparenza.
Restano fra gli altri Roberto Formigoni, che sino all’ultimo cerca di arruolare più di un collega; Guido Viceconte, da 20 anni al fianco di Berlusconi, quattro volte sottosegretario: impensabile! Come Francesco Colucci, dieci legislature, classe 1932, già socialista, berlusconiano doc come pochi altri. Come fu socialista Maurizio Sacconi. E come Luigi Compagna, per tutti i colleghi un galantuomo liberale: si mette a piangere in Aula, non ha mai amato i magistrati. Aveva difeso Andreotti, non riesce più a difendere Berlusconi.
Marco Galluzzo

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