Le due sinistre di Hollande

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 È allora che esplode la crisi di identità. Il caso di Leonarda, per la quale si sono mobilitati liceali e ginnasiali (un affronto: i giovani contro un governo socialista!) ha esacerbato tensioni già esistenti tra la sinistra definita romantica, o angelica, e la sinistra pragmatica, o realista. Ha intensificato il confronto tra le principali anime dell’area progressista, all’interno dello stesso esecutivo.
Il ministro degli Interni, Manuel Valls, si scontra con il ministro della Giustizia, Christiane Taubira, per una riforma del sistema carcerario e del codice penale, da lui giudicata troppo liberale. Le leggi fiscali nascono, agonizzano, muoiono al ritmo delle polemiche tra addetti all’economia. Tutti, o quasi, sempre convinti che la sinistra sia dalle origini l’alleanza delle idee scientifiche di progresso con l’idea filosofica di giustizia; ma tutti, o quasi, convinti che le nozioni di destra e di sinistra non siano più tanto chiare agli elettori da conquistare. Molti sono infatti passati dalla sinistra al Front National. La grande impresa consiste nel tentativo di recuperarli.
L’ulteriore brusco crollo dei consensi registrato in questi giorni dal presidente viene attribuito in generale ai conflitti interni al governo di sinistra, messi in rilievo anche dall’agitata, controversa espulsione di Leonarda. Tre settimane dopo quella vicenda, di cui ancora si discute, François Hollande ha battuto un record nella Quinta repubblica. Nel quadro della democrazia d’opinione, è infatti il presidente più impopolare da quando il capo dello Stato, in seguito alla riforma costituzionale del 1962, è eletto al suffragio universale diretto. Uno dei motivi, non certo il solo, di quest’ultima caduta nei sondaggi sarebbe appunto il comportamento di Hollande nel caso della giovane kossovara. Un atteggiamento giudicato ambiguo, salomonico. Rivelatore dell’incertezza che regna ai diversi livelli del potere, su molti, troppi problemi.
François Hollande ha accettato il ritorno di Leonarda da sola, senza la sua famiglia. Una decisione al tempo stesso molle e autoritaria. Il presidente voleva calmare le angosciate coscienze di sinistra, solidali con Leonarda, e non urtare troppo le anime inquiete di destra, afflitte dall’idea di un ritorno della famiglia di zingari. Ma ha scontentato le une e le altre. Comunque la sua idea è stata rifiutata dalla stessa Leonarda. La ragazza ha infatti respinto con sdegno la proposta presidenziale. Ha risposto: o tutti (padre, madre, fratelli) o nessuno. La replica della zingara è apparsa umiliante per il settimo primo cittadino della Quinta Repubblica, al cui nome viene accostato adesso un arrogante, ingiusto interrogativo: «Hollande è di sinistra?» (
Le Monde,
29 ottobre, pagina 11).
È indicativo il fatto che mentre Hollande scende al 29% dei consensi, il suo ministro degli interni, Manuel Valls, raggiunga il 58%. E in un’altra indagine d’opinione, altrettanto indicativa, si riconoscono al ministro molte più probabilità di battere la destra, cioè di vincere le prossime elezioni (2017), che non al presidente in carica, destinato per tradizione ad essere il campione della sinistra anche per un secondo mandato. Hollande ha ancora tre anni e mezzo da trascorrere all’Eliseo e Manuel Valls non si azzarda ad avanzare una candidatura, al contrario
rinnova appena può la sua fedeltà a Hollande. Ma non sono certo insignificanti l’impopolarità del presidente esitante e la popolarità del grintoso Valls. La sempre più ampia divaricazione nasconde probabilmente un futuro conflitto, anche se per il momento rivela soltanto la vivacità della guerra tra le sinistre.
Nella sua storia delle sinistre francesi (
Les Gauches Françaises, 1762-2012,
edit. Champs) Jacques Julliard enumera quattro correnti, o famiglie: liberalismo di sinistra, giacobinismo, collettivismo e libertarismo. Così come la destra si distinguerebbe, secondo René Rémond, in tre famiglie principali: legittimista, orleanista, bonapartista (ossia di tendenza monarchica, liberale, autoritaria). Queste definizioni, di destra o di sinistra, risalgono a particolari episodi della storia nazionale rimasti in vario modo nel subconscio politico dei francesi. Ma col tempo le correnti si sono ramificate. Si sono aggiornate. Ci sono tanti modi, più o meno obsoleti, tramontati o ancora praticabili, di far politica a sinistra, o di pensare a sinistra. Nicolas Truong li elenca: statalismo, collettivismo, colbertismo, sovranismo, gauchismo, gallo-comunismo, socialismo, socialdemocrazia. La lista non si esaurisce qui. Ma basta per dare un’idea dell’ampiezza del confronto, attizzato dal caso della piccola zingara.
Manuel Valls, trionfante nei sondaggi è facilmente classificabile tra i social-liberali. Ma con un accento autoritario, per la sua tenacia e severa attenzione alla sicurezza, legata ai problemi posti dall’immigrazione. Secondo i sostenitori, il ministro degli interni incarna la sinistra modernista e riformista. Per il politologo Zaki Laidi sarebbe il solo in grado di governare a lungo, malgrado il fastidio del gauchismo minoritario da sopportare. Potrebbe assicurare una spinta riformista nel quadro di una Repubblica intransigente. Innovazione e disciplina. Per Valls molte cose vanno cambiate. Compreso il nome del partito. Per lui la parola «socialista» non significa più niente. Gli esempi da tenere in considerazione sono il New Labour di Tony Blair e la Spd dei tempi di Gerhard Schroeder.
Manuel Valls non condanna il ’68. Lo considera un movimento emancipatore, una liberazione dell’individuo accompagnata da un’avanzata dei consumi e della morale. Ma la modernità, aggiunge, ha bisogno di sicurezza. Per questo lui preferisce Georges Clemenceau, del quale tiene un ritratto nel suo ufficio, a Jean Jaurès, nume del socialismo francese. Clemenceau era chiamato la Tigre. A Valls piace. Lo vede «elastico e felino». È stato considerato a torto un nemico della classe operaia ma era in effetti il promotore di una politica di progresso sociale, con il marchio dell’ordine repubblicano.
Nel partito Manuel Valls non ha soltanto amici. Non sono in pochi a condannare le sue posizioni, giudicate non conformi ai principi di sinistra. È accusato di adottare la tattica del Front National per combatterlo, con il rischio di assecondarlo. Alle primarie, vinte da François Hollande, non arrivo’ al 6%. Ma adesso molti sindaci di sinistra se lo contendono per la campagna che si concluderà in primavera con le elezioni municipali. I sondaggi dimostrano che piace agli elettori, anche se non sempre a quelli di sinistra. Per François Hollande il suo ministro degli Interni (il «primo poliziotto di Francia») rappresenta una preziosa popolarità che a lui manca.


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