“Partiti ladri”, il M5S provoca e alla Camera scoppia la bagarre

by Sergio Segio | 11 Ottobre 2013 8:43

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ROMA — Un sandalo agitato verso i banchi dei grillini, il coro “fuori, fuori”, fuori” accompagnato dalle mani che battono sullo scranno, insulti e grida. Una mimica facciale e non di chi non ne può proprio più di beccare insulti. Tutto visto ieri alla Camera sui banchi del centrosinistra. Tutto filmato e registrato. Tutto scatenato dal deputato pentastellato Roberto Fraccaro che, appena iniziata la tanto attesa discussione sulle nuove norme sul finanziamento dei partiti, guarda verso i deputati di Pd, Sel e Scelta civica esclamando: «Vi arroccate nel bunker per tenervi stretto il malloppo E noi continueremo ad opporci e continueremo a chiamarvi ladri».
A quel punto nell’aula della Camera si scatena il finimondo con il risultato finale di fare slittare tutto a martedì prossimo. Si agitano tutti. Un gruppo di democratici lascia l’aula in segno di protesta. Signore e signori di mezza età, uomini e donne più o meno giovani, molti sono di prima nomina, quell’insulto lancinante non lo vogliono mandare giù e insistono nel gridare “fuori, fuori, fuori”. Quasi a chiedere l’immediato cartellino rosso per Fraccaro.
I grillini incassano e corrono sulla Rete a raccontare le minacce ricevute. Cose del tipo, scrivono, «Vi ammazziamo», «Vi aspettiamo fuori». Il presidente di turno Marina Sereni invita Fraccaro ad evitare certi termini, ma suscita la reazione dei grillini che gridano alla censura. Il caos, se possibile, aumenta. Alla fine la Sereni decide di sospendere la seduta sotto gli occhi di una scolaresca che, viene subito allontanata dalle tribune.
Il risultato immediato della bagarre è che l’esame del testo scivola alle 14,30. Laura Boldrini convoca subito i capigruppo che escono dalla riunione con il solenne impegno a non ripetere cose del genere e sotto la minaccia di espulsione dall’aula per chi provoca e chi cade nel fallo di reazione.
Ma lo scontro va avanti lo stesso. Fraccaro scrive su Facebook: «Noi continueremo ad opporci e a chiamarvi ladri. Possono strepitare quanto gli pare, io glielo ridico altre cento volte! ». Luigi Di Maio, grillino vicepresidente della Camera, cerca di prendere un po’ le distanze: «Non ha ragione a dire che siano dei ladri, quella è una sua posizione ».
E il provvedimento? Aspetta. Si voleva approvarlo ieri, entro le 18. forse arriverà in porto martedì. Slitta tutto anche perché la
maggioranza che si era presentata in aula con un accordo, torna a litigare. Maria Stella Gelmini, ritira fuori la storia che il Pdl è contrario al tetto di 300 mila euro per le donazioni private. Si riunisce il comitato dei nove per cercare un accordo.
Così arriva una seconda sospensione pomeridiana. Dalla quale si esce con una retromarcia del Pdl che abbandona l’idea di donazioni libere ai partiti e accetta il tetto dei 300 mila euro. Ma questo è un dibattito che interseca quello interno fra falchi e colombe. Perché accantonata l’idea che Berlusconi possa finanziare il suo partito senza limiti, anche attraverso le fideiussioni,
spunta un emendamento del tesoriere Maurizio Bianconi.
Qualcosa che sembra funzionale ai progetti di Alfano e dei suoi. Il testo prevede che possano ricevere finanziamenti anche i partiti che fanno riferimento ad un gruppo che abbia almeno 20 deputati. Nel frattempo si accantonano gli articoli 8, 9 e 10 e si vota sui successivi. Passano una stretta, proposta dal democratico Francesco Sanna, sulla trasparenza dei fondi alle fondazioni. Sel invece, con Sergio Boccadutri, insiste sull’obbligo di massima pubblicità per i bilanci dei partiti e sul ripristino di severe norme di controllo.

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