Studente gay si uccide, il biglietto shock “Omofobi, fate i conti con la coscienza”

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ROMA — Un altro suicidio shock. Per la terza volta in un anno, a Roma, un giovane gay ha scelto la morte come unica alternativa al disagio di una vita da omosessuale non accettata. «Sono gay, non sto bene in questa società. L’Italia è un Paese libero ma esiste l’omofobia e chi ha questi atteggiamenti deve fare i conti con la propria coscienza». Le poche righe che hanno spiegato il gesto estremo di Simone, un ragazzo di 21 anni impegnato nel sociale e laureando in scienze infermieristiche, lo hanno accompagnato nel volo di 40 metri. Si è lanciato dal terrazzo condominiale di uno dei palazzi più alti di Roma: l’ex pastificio Pantanella, un edificio imponente che svetta nel cuore di Porta Maggiore, un tempo impero della pasta, per anni rifugio di migliaia di extracomunitari, dal 2000 ristrutturato e trasformato in un condominio con 150 appartamenti.
La vita di Simone è terminata sulla rampa di un garage. Erano le 23 e 30 di sabato quando il ragazzo ha scelto di volare nel vuoto. Non viveva lì, ma qualcuno sostiene che abbia scelto quella location come suo rifugio segreto,
tanto che il suo profilo facebook porta una foto, scattata lo scorso marzo, del panorama visto dall’undicesimo piano da cui si è lanciato. Prima di morire ha lasciato il suo dramma vergato su un foglio bianco. Quelle parole di denuncia e di rinuncia alla vita le aveva piegate in quattro parti e chiuse in un borsello che portava a tracolla. La lettera l’hanno trovata i poliziotti poco prima della mezzanotte, quando il suo corpo giaceva a pancia in giù sulla strada.
«Il locale era pieno — racconta Carlo, titolare del ristorante “La Pantanella” — una cliente ha sentito un tonfo. Siamo corsi sul retro per vedere di cosa si trattasse e abbiamo visto quel povero ragazzo disteso nel suo sangue. All’inizio abbiamo sperato si trattasse della fiction Rai che da venerdì stanno girando proprio sul terrazzo dell’ex pastificio. Una simulazione. Poi abbiamo capito che non era così e abbiamo dato l’allarme al 113. Lo strazio e il grido della mamma e del papà di fronte al cadavere del figlio resterà a lungo nelle orecchie del quartiere. Siamo tutti sotto shock, non è possibile che un altro ragazzo, nel cuore della vita, scelga di morire perché abbandonato dalla politica e dalla società».
«L’ennesimo fatto tragico a Roma — denuncia Fabrizio Marrazzo, portavoce di Gay Center — I suicidi o i tentativi di suicidio di giovani omosessuali sono un dato allarmante. Alla nostra linea verde riceviamo 20.000 contatti all’anno e dai dati in nostro possesso risulta che un omosessuale su dieci nella sua vita ha pensato al suicidio. È ora di dire basta. Le istituzioni — conclude — diano una risposta urgente nella lotta all’omofobia e nell’allargare la sfera dei diritti gay».
E la politica, ieri, così ha risposto. «La commozione per la morte di un giovane non può cancellare la rabbia per l’incapacità dimostrata finora dalla politica nell’affrontare questa tragedia», si autoaccusa il deputato del Pd Gianni Cuperlo. «Provo un dolore profondo per chi ha deciso rinunciato a vivere perché si sentiva “sbagliato”, e sono vicina alla sua famiglia», interviene il viceministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, Maria Cecilia Guerra. Non si tira indietro rispetto a quelle che giudica «le responsabilità di tutti». E spiega: «Le prime iniziative che ho preso, da quando mi sono state conferite le deleghe relative alla lotta contro le discriminazioni, vanno proprio nella direzione di agire subito dentro e con la scuola, e di lavorare insieme alle famiglie».
In attesa di una legge contro l’omofobia, che malgrado le continue tragedie non viene approvata, per mercoledì 30 ottobre la comunità omosessuale romana ha organizzato una manifestazione nella “Gay Street”.


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