Zhou Yongkang, si stringe il cerchio Anti corruzione, anche lo zar del petrolio cade

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PECHINO. Si stringe il cerchio intorno all’ex zar della sicurezza e del petrolio cinese, Zhou Yongkang, ex numero nove della Commissione permanente del Politburo ed ex alleato di Bo Xilai.
Zhou Yongkang incriminato, costituirebbe il colpo a effetto del presidente Xi Jinping, la cui campagna anti corruzione sta facendo sfracelli: sarebbe stato lo stesso presidente a incaricare una task force ad hoc, scavalcando gli organi competenti, nata proprio per indagare sull’ex capo della sicurezza, padre di tutto il decennio di repressione del periodo Hu Jintao-Wen Jiabao. Secondo la stampa locale al vertice di questo team specialistico Xi avrebbe posto un suo alleato di ferro, ovvero Fu Zhenghua, capo della polizia di Pechino, già protagonista della repressione contro i rumors on line, voluta espressamente dal presidente, e di retate contro la prostituzione. Lo stesso Fu sarebbe l’unico autorizzato a riportare direttamente al numero uno Xi Jinping.
Le cause di questo accanimento contro l’ex alleato di Bo Xilai (il cui processo d’appello si starebbe svolgendo in segreto, con la sentenza attesa per il 25 ottobre) risiedono in motivazioni politiche ed economiche. Innanzitutto Zhou, benché in pensione, è considerato ancora un funzionario al top in termini di alleanze e influenza sul partito. Xi Jinping sembra intenzionato ad arrivare al terzo plenum del comitato centrale, in programma a novembre, sgombrando il campo da potenziali nemici interni. In secondo luogo Zhou ha sempre governato il ramo economico petrolifero cinese, come fosse cosa sua. Anche per questo da tempo le autorità anti corruzione cinese stanno facendo terra bruciata intorno a lui, attraverso l’arresto di suoi protetti o alleati, come Jiang Jiemin, ex presidente della China National Petroleum Corporation.
La vicenda legata a Zhou, 71 anni, è intrecciata anche alle recenti polemiche circa le pratiche interne del partito riguardo le politiche di sicurezza e le indagini per corruzione. La scelta di Xi Jinping di incaricare una squadra speciale, ha posto infatti nell’occhio del ciclone la Commissione disciplinare centrale del partito, diretta da Wang Qishan. Quest’ultima, nata per investigare i funzionari coinvolti in casi di corruzione, adopera come strumento il cosiddetto shuanggui, una sorta di limbo giuridico – che dovrebbe durare per un massimo di quattro mesi – durante il quale l’accusato è detenuto, ma non ufficialmente indagato. Questa pratica ha causato molte critiche alla commissione anche a causa dei sistemi di interrogatorio, sfociati spesso in torture contro gli accusati.


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