Riforma dell’Opa nella legge di Stabilità proposta bipartisan per vincolare il governo

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MILANO — La riforma dell’Opa s’ha da fare e prima che Telefonica perfezioni l’acquisto del controllo di Telco. E così di fronte all’indugiare del governo, il Senato torna alla carica e propone un emendamento alla legge di stabilità.
In buona sostanza, l’emendamento promosso dal presidente della commissione industria del senato Massimo Mucchetti, e firmato da altri nove senatori tra cui gli esponenti della destra Maurizio Gasparri e Altero Matteoli e della sinistra come Linda Lanzollotta e Luigi Zanda, modifica la legge sull’Opa e introduce in concetto del controllo. Si può controllare una società con meno del 30% del capitale quando si ha «il potere di nomina con voto determinante in almeno due assemblee ordinarie consecutive, di un numero di amministratori in grado di esprimere la maggioranza deliberante per le materie di gestione ordinaria». Toccherà alla Consob individuare ogni anno le aziende dove esista il controllo di fatto. Ma è prevista anche una doppia tutela, per le società con una capitalizzazione inferiore a 200 milioni, che nello statuto potranno indicare una diversa soglia per l’Opa compresa tra il 20 e il 40% del capitale. Anche in questo caso la Commissione, con cadenza triennale, potrà aggiornare la lista di queste aziende che nello statuto hanno previsto una soglia diversa per l’Opa, dato che la capitalizzazione potrebbe superare la soglia dei 200 milioni.
Per i tempi di esecuzione, l’emendamento prevede che una volta che la legge di stabilità entrerà in vigore, la Consob avrà 30 giorni di tempo per stilare l’elenco delle aziende nelle quali c’è il controllo di fatto tra uno o più soggetti che congiuntamente detengono meno del 30%. L’urgenza nasce dal caso Telco-Telecom, ma la relazione che
accompagna l’emendamento precisa come la riforma sia opportuna anche erga omnes. Secondo gli analisti, oltre a Telecom, anche Pirelli (controllata al 26,2% da Lauro 61), Generali (di cui Mediobanca ha il 13%) e una serie di altre importanti aziende quotate a Piazza Affari poterebbero rientrare nel novero dei questa normativa. Inoltre, chi esercitasse il controllo di fatto e in virtù di questo venisse obbligato a lanciare un’Opa obbligatoria, sarebbe tenuto a pagare alla Consob «un’imposta di importo pari al contributo di vigilanza dovuto alla Consob per tali operazioni». Le entrate raccolte con questa nuova imposta «sono versate a favore del Fondo unico per gli investimenti nella ricerca scientifica e tecnologica istituito presso il Ministero dell’università e della ricerca». Insomma Mucchetti ripropone la mozione approvata il larga maggioranza dal Senato lo scorso 17 ottobre, e che successivamente il 23 ottobre, il Governo si era offerto di recepire in un apposito decreto legge. Da allora però nulla è successo, e così tenendo conto «dell’impegno assunto dall’Esecutivo di fronte al Senato», ecco che il decreto che ancora giace in un cassetto, di fatto viene aggirato dall’emendamento alla legge di Stabilità. Tuttavia si legge nella relazione che accompagna il testo dell’emendamento, quest’ultimo potrebbe essere ritirato «qualora il Governo mantenga fede alla parola data adottando il provvedimento d’urgenza promesso».


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