È ripartita la diligenza della Prima Repubblica

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 Il premier aveva parlato dell’abbassamento di un punto di pressione fiscale in 3 anni, assicurando altresì che il deficit pubblico sarebbe rimasto sotto il 3% nel 2013 e sarebbe sceso al 2,5% nel 2014. Inoltre, attraverso una serie di misure di stimolo dell’economia si sarebbero presto creati posti di lavoro per i giovani e l’Italia avrebbe agganciato la ripresa.
Orbene, chi mastica un po’ i numeri già aveva espresso qualche dubbio sulla differenza che la Legge di Stabilità avrebbe comportato rispetto alla dinamica dei conti pubblici a legislazione invariata. In effetti, l’aggiornamento di settembre del Def, il documento di programmazione economica del governo, già prevedeva che il carico fiscale nel 2016 avrebbe toccato il 43,7% del Pil, una discesa dello 0,6% rispetto al 2013 e il primo 0,1% in meno si sarebbe visto nel 2014. Il deficit del 2013 era previsto al 3,1% e nel 2014 al 2,3%. Conclusione: nel 2014 nessun abbassamento delle tasse rispetto al previsto e anzi un deficit lievemente più alto. Nel lungo periodo una bella riduzione dello 0,4% di pressione fiscale. Oddio, è vero che chi si contenta gode, ma è difficile parlare di una svolta epocale.
Purtroppo è cominciato poi un balletto di cifre veramente deprimente, con il ministro Saccomanni che di tanto in tanto paventava che, a causa del mancato pagamento della seconda rata dell’Imu, forse il tetto del passivo di bilancio non sarebbe stato rispettato. Ancor peggio andava con le previsioni di crescita del Pil nel 2014, ribassate a uno +0,7% rispetto al +1% originariamente predetto dal governo, e del reale impatto della manovra sulle tasche degli italiani. La Cgia di Mestre ha calcolato un aumento delle imposte, il ministero del Tesoro ha smentito e i sondaggi dicono che in proporzione di 2 a 1 la popolazione crede più al simpatico Bortolussi: a questo siamo arrivati!
I punti oscuri rimangono molteplici. Ad esempio, per la riduzione del deficit nel 2013 si conta anche un miliardo derivante dalla vendita di immobili: non va bene, quel miliardo riduce il debito, non il passivo annuale che, tutt’al più, beneficerà di qualche milione di euro di minori interessi per i pochi mesi rimanenti. Il beneficio medio della riduzione del cuneo fiscale prima sembrava di 14, poi di 12 e infine di 10 euro al mese per i dipendenti. Il nuovo tributo sulla casa, che dovrebbe assorbire Imu e tassa dei rifiuti, la ormai famigerata Tasi (che potrebbe andare bene per uno slogan di tipo leghista: «Tasi e paga! »), nessuno sa ancora bene come calcolarlo poiché molto dipenderà dai singoli comuni. Delle tante volte annunciate privatizzazioni (tra l’altro finte, se fatte attraverso la Cassa Depositi e Prestiti) si è persa traccia e per ora l’unico intervento è stato quello delle Poste in Alitalia.
Inoltre, non avendo capito che le pensioni d’oro sono certamente un problema solo se qualcuno riceve di più di quel che ha contribuito, il governo ha bloccato senza fare prigionieri l’indicizzazione di chiunque percepisca un assegno superiore ai 3000 euro mensili, senza dare alcuna rilevanza a quanto versato durante la vita lavorativa.
In questo caos inenarrabile si è inserita la corsa agli emendamenti: 3.090, peggio che negli anni più spensierati della Prima Rebubblica. Ognuno ha la sua grande idea e all’interno dell’esecutivo si rincorrono le voci più disparate: aumentiamo la benzina per compensare il flop del condono delle slot machine. No, vendiamo le spiagge per fare cassa. Anzi, lasciamo proprio perdere l’intervento sul cuneo fiscale e concentriamoci sulle pensioni più basse. E perché non introdurre la Google Tax, o l’aumento del prelievo sulle rendite finanziarie al 22% o la sforbiciata immediata delle detrazioni fiscali, o una stretta sulle vendite immobiliari o sulla Tobin Tax che ha già depauperato di scambi i mercati finanziari italiani?
Tasse, tasse, tasse, nessun accenno a tagli alla spesa pubblica, nemmeno a quella più odiosa che riguarda i costi della politica (da leggere Roberto Perotti il quale su www.lavoce.info sbertuccia l’enormità delle spese del nostro Parlamento che, per onestà, almeno quelle non dipendono dal governo): il tutto in un clima di incertezza che lascia allibiti gli investitori internazionali, guardinghe le imprese, sfiduciate le famiglie.
E questa la chiamano Legge di Stabilità? Se il governo non avrà uno scatto di reni, razionale e coraggioso, faranno prima a chiamarla Rigor Mortis.


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