Dalla Zuanna: il welfare dei nonni e la nuova famiglia «allungata»
Così è sempre stato e sempre sarà. «I trasferimenti di aiuti tra generazioni sono un fatto notorio, come è assodato che qui da noi siano più intensi che in altri Paesi» spiega Gianpiero Dalla Zuanna, professore di Demografia all’università di Padova e senatore di Scelta Civica. «Ma la novità è che, se un tempo questa disponibilità era occasionale, ora è diventata fissa». Circa la metà dei giovani che si sposano lo fanno con il supporto economico di mamma e papà.
Nella Famiglia 2.0 ridisegnata dalla Nuova Depressione, con i genitori che spesso hanno gli stessi problemi occupazionali dei ragazzi, la catena solidale risale di una generazione, fino ai nonni titolari di pensione, gli unici soldi che a fine mese arrivano di sicuro. E che di fatto spesso mantengono sia figli che nipoti. «È stato calcolato che qui in Italia gli aiuti tra parenti, non solo monetari ma anche materiali, aumentano il reddito del 111 per cento, ed è un dato del 2008, precedente alla crisi. Negli Stati Uniti ci si ferma al 66 per cento, confermando che si tratta di una caratteristica strutturale della società italiana, come di quella greca e spagnola, con una forte matrice culturale». Tipicamente mediterranea. E niente affatto recente, come si potrebbe credere. «Era già così nel Seicento».
Adesso però nella sbeffeggiata categoria dei bamboccioni, un tempo riservata ai ventenni, vanno iscritti di diritto i trentenni: «Esiste un legame forte tra il pensionamento del padre e l’uscita di casa dei figli», dice il professor Dalla Zuanna. «E con l’innalzamento dell’età pensionabile, il momento si sposterà sempre più in avanti». Ma la vita sempre più agra e precaria ha prodotto anche un ibrido, ovvero il quaranta/cinquantenne genitore e pure figlio a carico di ritorno, costretto dalla necessità a tornare a bussare a sua volta da mamma e papà. «I nonni sono più ricchi di un tempo. Se trent’anni fa prendevano quasi tutti la pensione sociale, adesso stanno decisamente meglio e possono trasferire soldi alle generazioni successive».
Merito e demerito delle politiche italiane di welfare «che si sono concentrate sulle pensioni, mentre in Germania, dove la spesa sociale è più o meno equivalente, gli interventi privilegiano i giovani e le famiglie». Uno dei vantaggi è che «abbiamo il più basso tasso europeo di anziani che vivono in casa di riposo». Lo svantaggio automatico è che «chi non ha un genitore o un nonno in grado di aiutarlo è tagliato fuori» da questo welfare fai da te. In cui gli anziani, oltretutto sempre più longevi, sono diventati una sorta di classe dirigente: «Il potere resta nelle mani dei più vecchi, che possono dare aiuto come gentile concessione o in cambio di una futura assistenza». Come una tacita partnership tra generazione A e generazione B e C. «Sulla base di un assunto: se puoi, dai. Chi non lo fa viene visto come uno snaturato».
Non che il mutuo soccorso inter-generazionale sia per forza un male. «In alcuni periodi, come negli anni Sessanta, è stato un acceleratore economico strepitoso. Penso alle aziende padre/figlio che hanno fatto la fortuna della nostra economia». E tutto sommato anche oggi il vecchio sistema potrebbe funzionare, debitamente riadattato ai tempi: «Una start-up si può lanciare lo stesso anche con i soldi di papà».
C’è il rischio, certo, che il supporto familiare prolunghi all’infinito l’adolescenza economica dei figli. Con le spalle coperte magari rimandano l’addio al nido a data da destinarsi. «Il ragazzo che esce di casa prima, accelerando il processo di crescita e l’assunzione di responsabilità, affrontando i disagi di un reddito basso o di una casa in affitto con altri, trova più facilmente un lavoro o migliora più in fretta il proprio reddito», conferma il professor Dalla Zuanna. «Ma è anche vero che ci sono tanti nostri giovani che vanno all’estero e che pure in America i genitori pagano gli studi ai figli, anche se vivono lontano.
L’autonomia del resto non è soltanto andare ad abitare da soli, si può essere indipendenti anche restando da mamma e papà, «basta sottoscrivere un patto tra adulti, con diritti e doveri». Lo dice da padre di quattro figli, di 26, 25, 22 e 19 anni. «La maggiore è medico e sta a Torino, il secondo fa un dottorato in Norvegia e tra poco guadagna più di noi. Gli altri due studiano e sì, li manteniamo noi».
Giovanna Cavalli
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