Parigi, preso lo sparatore «Incastrato dal Dna, ha cercato di suicidarsi»

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PARIGI — «Ho fatto una sciocchezza», ha confessato all’amico che lo ha ospitato negli ultimi 15 giorni, evocando le sparatorie. Così è finita la grande caccia all’uomo.
L’uomo arrestato ieri sera è Abdelhakim Dekhar, 48 anni, soprannominato «Toumi», nato in Mosella da genitori algerini: il «terzo uomo» della strage del 4 ottobre 1994 a Parigi che fece cinque morti (tre poliziotti, un tassista e l’assassino), uccisi da Audry Maupin con al fianco la compagna Florence Rey, ventenni di estrema sinistra che progettavano una serie di rapine alle banche. Fu Dekhar a fornire loro il fucile a pompa. Per questo nel 1998 venne condannato a quattro anni di carcere.
Lo hanno trovato alle 19.05 di ieri sera, «in stato comatoso», incapace di parlare, dentro un’automobile in un parcheggio sotterraneo di Bois-Colombes, una cittadina a 9 chilometri da Parigi. Una testimone che lo ha visto mentre veniva poi caricato sull’ambulanza ha detto di avere immaginato che fosse ancora vivo solo perché non gli avevano coperto il volto. Forse ha tentato di uccidersi, ingerendo una grande quantità di farmaci.
Nella notte i risultati del test del Dna hanno dato la conferma: è lui l’uomo che in questi giorni era il ricercato numero uno in tutta la Francia. Lunedì ha sparato a bruciapelo a un 23enne assistente fotografo dentro la redazione di Libération, ferendolo gravemente, poi ha esploso colpi davanti alla sede della banca Société Générale alla Défense e ha preso in ostaggio un automobilista per farsi riportare a Parigi, prima di far perdere le sue tracce. Venerdì, colui che per cinque giorni sarebbe rimasto lo sconosciuto sparatore dai capelli tagliati a zero aveva fatto irruzione dentro la redazione del canale all news Bfmtv e aveva puntato l’arma contro un caporedattore, senza sparare (non è ancora chiaro se volontariamente o perché il fucile si è inceppato).
Le ricerche sono arrivate a una svolta ieri sera grazie alla segnalazione dell’amico che lo teneva in casa e che si è presentato spontaneamente al commissariato della vicina Courbevoie, raccontando che cosa gli aveva detto Abdelhakim e dove potevano trovarlo.
In questi giorni di psicosi diverse persone sono state fermate per strada sulla base di una semplice somiglianza con il sospetto. In particolare già martedì si era diffusa la notizia che il colpevole era stato catturato, ma la persona fermata in quel caso è stata subito rilasciata.
Ieri sera è apparso subito evidente che si era davvero vicini alla soluzione del caso. L’autore delle sparatorie aveva lasciato le sue impronte sulla portiera anteriore destra della Renault Twingo con la quale un malcapitato pensionato del métro di Parigi lunedì stava andando a fare la spesa: sotto la minaccia del fucile l’automobilista ha riportato l’attentatore dalla Défense agli Champs Elysées.
Da quella traccia gli investigatori sono riusciti a estrarre il Dna dell’attentatore, e lo hanno confrontato con le cartucce lasciate a terra nella redazione di Bfmtv, a Libération e alla Société Générale: stessa persona.
Dopo averlo catturato ieri sera nel parcheggio, Abdelhakim Dekhar è stato portato in un ospedale carcerario: lì è stato immediatamente sottoposto a un prelievo per confrontare il Dna con quello trovato sull’auto e le cartucce. I due campioni coincidono, non ci sono più dubbi.
Quando Abdelhakim Dekhar tornerà in sé e potrà parlare, dovrà spiegare perché è tornato in azione, stavolta imbracciando lui il fucile, quasi vent’anni dopo il caso Rey-Maupin. Una storia e un processo che hanno segnato la società francese, con l’enigmatico Abdelhakim Dekhar che dichiarava di essere al servizio dei servizi segreti francesi e algerini.
Stefano Montefiori


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