L’ordine è privatizzare

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ROMA. E così i nomi sono arrivati, ufficialmente: il premier Enrico Letta ha presentato il primo pacchetto di privatizzazioni deciso dal governo, con la vendita di quote di società partecipate e il conseguente incasso – è la previsione dello stesso presidente del consiglio – di «10-12 miliardi di euro». Soldi che serviranno per metà ad abbattere il debito pubblico – potendo così chiedere alla Ue una maggiore flessibilità sugli investimenti, ovvero che non siano iscritti nel deficit – e per un’altra metà (anche queste parole di Letta) a ricapitalizzare la Cassa depositi e prestiti, coinvolta in prima persona in questa complessa operazione. Il consiglio dei ministri di ieri invece non ha sciolto la riserva né sulla seconda rata Imu (che comunque il premier afferma che «verrà cancellata») né sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia, visto che si aspetta ancora il parere, necessario, della Ue.
Ecco dunque cosa sarà ceduto: le quote di controllo di Sace e di Grandi Stazioni, pari al 60%; della prima società, che sostiene le imprese italiane nelle esportazioni, la Cdp detiene il 100%; della seconda, che cura lo sviluppo delle 13 principali stazioni ferroviarie italiane, Ferrovie (e quindi indirettamente il Tesoro) detiene il 60%, che quindi verrà interamente ceduto. Potrebbero essere interessati ad acquistare, tra gli altri, Caltagirone e i Benetton, che fanno già parte del 40% di azionariato privato. Pare anche che sia in via di cessione il 60% di Centostazioni, società che cura 103 stazioni minori.
Ancora: una complessa operazione finanziaria, che dovrebbe portare alla fine nelle casse dello Stato ben 2 miliardi di euro, riguarda il buyback di azioni Eni. Il primo gruppo italiano per fatturato è posseduto al 30,1% dal Tesoro e dalla Cdp, e dunque per non perdere il controllo (la soglia-limite è al 30%) di fatto lo Stato non potrebbe vendere oggi se non lo 0,1%. Si è deciso quindi di far acquistare a Eni sul mercato una quota del 3% di azioni, che quindi verranno poi cedute. Utili potranno essere per l’acquisto i 2,2 miliardi incassati di recente grazie alla cessione della parte russa del colosso petrolifero.
Un’altra cessione, anche qui senza scendere sotto la quota di controllo, riguarderà il big mondiale della cantieristica navale, Fincantieri. La proprietà è di Fintecna, che a sua volta è posseduta da Cassa depositi e prestiti. La società è molto presente a Oriente, essendosi espansa fino agli Emirati Arabi, e controlla anche un’azienda costruttrice di strutture per l’estrazione del petrolio, quindi potrebbe far gola proprio al mondo arabo.
Ci sono poi due altri grossi nomi, società note, in mano al Tesoro e che pure vedranno cessione di quote: l’Enav, l’ente nazionale di assistenza al volo, che comunque per il suo ruolo così delicato dovrebbe mantenere il controllo pubblico; e la StMicroelectronics, colosso italo-francese dei microprocessori, che ha stabilimenti in Italia, in Francia e in Cina, di cui invece verrebbe ceduta per intero la quota del 14,5% in mano al ministero dell’Economia.
Infine le reti, quelle in mano a Cdp Reti e Cdp Tag: nel primo caso si tratta di quotare in borsa la società che controlla la maggioranza di Snam (il gas italiano), il 14% di Metroweb (reti di fibre ottiche) e il 30% (in via di cessione proprio a Cdp) di Terna (reti elettriche); nel secondo caso, la società controlla il gasdotto che porta il metano dalla Russia fino all’Italia: apparteneva a Eni, che l’ha ceduta a Cdp, che dovrebbe girarla a Snam.
Il piano è complesso, ma il governo sembra più che deciso a procedere sulla strada delle cessioni. Il premier Letta e il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni, infatti, vogliono dimostrare all’Europa che dal 2014 l’Italia prenderà una direzione «virtuosa», ovvero quella dell’abbattimento del debito, dopo che negli ultimi anni è salito (fino al 134%), a causa della crisi e grazie anche alla restituzione dei crediti vantati dalle imprese. E intanto le decisioni sull’Imu sono state rinviate alla settimana prossima.


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