Apertura del Cremlino: «I ragazzi di Greenpeace potranno tornare a casa»

by Sergio Segio | 24 Novembre 2013 9:22

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Gli ecologisti sotto processo potranno lasciare il Paese «appena saranno state risolte alcune questioni giuridiche», in particolare quella dei visti.
Pressioni diplomatiche e mobilitazione internazionale hanno contribuito a rimuovere i paletti fissati dai giudici di San Pietroburgo che avevano escluso l’uscita dal territorio russo per gli attivisti e giornalisti rilasciati su cauzione nei giorni scorsi, attualmente tutti a piede libero tranne l’australiano Colin Russell. Per il reato di teppismo la legge nazionale prevede fino a sette anni di carcere, le indagini dovranno essere chiuse entro il prossimo 24 febbraio. L’ipotesi più accreditata è che agli ambientalisti siano concessi visti temporanei, a condizione però che cadano le accuse a loro carico.
Il 18 settembre, a bordo della rompighiaccio Arctic Sunrise lanciata in un’azione di protesta contro le trivellazioni del colosso russo Gazprom nel Mar Glaciale Artico, c’era anche Cristian, 31 anni, laurea in Biotecnologie mediche a Napoli: è stato liberato giovedì scorso dopo 62 giorni di detenzione preventiva. «Colpevole di pacifismo» lo aveva definito la madre, Raffaela Ruggiero, in un’accorata lettera aperta al presidente Giorgio Napolitano.
Un caso che ha appassionato l’Europa e che è approdato al Tribunale del diritto del mare, organo indipendente dell’Onu con sede ad Amburgo incaricato di dirimere le dispute marittime tra Stati. Venerdì la Corte ha accolto il ricorso presentato dai Paesi Bassi (l’Arctic Sunrise batteva bandiera olandese), ordinando a Mosca di rilasciare la nave, all’ancora nella Baia di Kola, e di consentire agli arrestati di tornare a casa.
Si è mossa la politica ai massimi livelli. Putin in persona ha definito «nobile» il tentativo di Greenpeace di attirare l’attenzione sul fragile ecosistema del profondo Nord messo in pericolo dalle trivellazioni. «Sono sbagliati i metodi della protesta» ha precisato il presidente, mandando un messaggio insolitamente rassicurante all’Occidente: «La leadership politica russa non ha alcun desiderio di intervenire nel caso Greenpeace».
Alla luce della stretta repressiva del Cremlino, i più critici accusano gli attivisti di aver messo a repentaglio le future azioni dell’organizzazione ambientalista in Russia. «Ci accusano di essere degli estremisti — dichiara il portavoce del ramo locale di Greenpeace Andrei Allakhverdov, scarcerato insieme a Cristian —. Non lo siamo mai stati, siamo pacifici e non violenti. Non ci pentiamo di aver partecipato all’azione».
Maria Serena Natale

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