Un esborso medio di 42 euro in 873 città ma i municipi potrebbero salire a 2400

by Sergio Segio | 29 Novembre 2013 8:47

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ROMA — L’eventualità rovinosa che terrorizza i sindaci è richiamare i cittadini a pagare l’Imu 2013. E farlo quando, il prossimo 16 gennaio, dovranno versare già la prima rata della nuova Tasi. Ma di quali Comuni parliamo? E a quanto ammonta l’aggravio? La risposta è: dipende. Perché le opzioni, mentre monta la rivolta dei primi cittadini, sono diventate nel frattempo due. E neanche una gradita a chi guida le amministrazioni locali. In questa partita, come è ovvio, tutti temono di perderci la faccia.
Sino al giorno prima del Consiglio dei ministri di mercoledì che ha cancellato l’Imu di dicembre, in ballo c’erano 873 città (3 milioni di prime case) i cui sindaci hanno deciso quest’anno di alzare le aliquote. Come Milano, Bologna, Napoli, Genova, Verona. Parliamo di un gettito extra di circa 500 milioni, per la precisione 462 milioni: metà coperto dallo Stato, metà dai cittadini. In media, calcola l’Ufficio studi della Uil, ciò si traduce in 42 euro dovuti da ciascun proprietario (84 euro in totale). Ma mercoledì sul tavolo di Palazzo Chigi è finita un’altra ipotesi, ben più indigesta. Quella di dividere a metà – tra Stato e cittadini – tutto l’extragettito ottenuto con aliquote superiori a quella base statale, il 4 per mille. E qui i Comuni salgono di parecchio, a quota 2.447 (a spanne la metà delle prime case). Dentro finirebbero anche Roma, Torino, Palermo, Catania, per fare degli esempi. Tante città quante, tra 2012 e 2013, hanno “arrotondato” il 4 per mille, sfruttando i due punti di margine che il Salva-Italia di Monti loro consente. Così però l’ammontare da coprire più che raddoppia e arriva a 1,1 miliardi, sempre per metà a carico dello Stato e l’altra metà dei cittadini. Tradotto in media, ciò significa per ogni famiglia un esborso di 33 euro (66 euro in totale). Con punte a Torino (83 euro) e Roma (54 euro).
I bassi importi medi non devono ingannare. Caso per caso, città per città, si profila una “stangatina”. E anche una beffa, specie dopo l’annuncio reiterato del governo di voler cancellare del tutto l’Imu 2013. Fiutando lo scontento crescente, l’Anci aveva fatto capire all’esecutivo Letta che colpire solo gli 873 sindaci che quest’anno hanno ritoccato le aliquote era “iniquo”. «Se avessero fatto l’aumento nel 2012, a quest’ora il rimborso era completo». Così il governo ha tirato fuori l’ideona: lo Stato copre l’Imu di quest’anno solo ad aliquota base (4 per mille), sul resto si fa a metà con i sindaci. Com’era ovvio la proposta è stata subito fermata, si dice con fermezza, in primis dall’ex presidente Anci e sindaco, il ministro Delrio. Ma il governo ha fatto comunque trapelare questa possibilità, inserendola nel comunicato finale del Consiglio dei ministri di mercoledì.
Il risultato è la rivolta di ieri dei sindaci imbizzarriti. L’Anci preme perché nessuna delle due soluzioni entri alla fine nel testo di un decreto annunciato, ma che ancora non c’è. E rilancia proponendo al governo un piano alternativo. Consentire cioè ai sindaci di iscrivere l’extragettito di 500 milioni nei bilanci 2013 e attendere un trasferimento dallo Stato per un 80-90% entro fine anno, il resto nel 2014. La Ragioneria però frena: salirebbe il deficit. L’Anci dice: non è vero, parliamone. Intanto oggi è l’ultimo giorno a disposizione dei sindaci per fissare le aliquote Imu (il prefetto può dare altri otto giorni). Chissà che molti di loro non tornino indietro, evitando liti con il governo e figuracce con i cittadini.

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