Gaza si prepara al peggio

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GERUSALEMME. Lampi di guerra lungo le linee tra Gaza e Israele, a quasi un anno dall’offensiva aerea israeliana «Pilastro di Difesa» che causò circa 200 morti palestinesi. Ieri, prima dell’alba, quattro militanti di Hamas sono stati uccisi e cinque militari israeliani feriti negli scontri più gravi tra le due parti avvenuti dal 21 novembre – giorno del cessate il fuoco tra Israele e il movimento islamico – ad oggi. Una escalation improvvisa che ha fatto scattare l’allarme tra gli abitanti di Gaza, convinti che Israele sia sul punto di lanciare un nuovo massiccio attacco.
Gasolio a prezzi proibitivi
Ad aggravare il clima è stato anche lo stop all’unica centrale elettrica di Gaza, rimasta senza combustibile, che lascia la popolazione con appena 6 ore di elettricità al giorno. «Meno del 50% del fabbisogno della Striscia di Gaza sono attualmente coperti dall’energia elettrica che arriva da Israele», ha riferito Fathi el-Sheikh Khalil, vice presidente dell’Autorità per l’Energia. «Non possiamo più ricevere gasolio industriale egiziano a causa della distruzione dei tunnel dall’Egitto – ha spiegato – Abbiamo cercato di ottenere combustibile da Israele attraverso l’Autorità nazionale palestinese ma i costi sono proibitivi». La centrale elettrica di Gaza copre circa un terzo del fabbisogno di elettricità di Gaza (1,75 milioni di abitanti). Secondo l’ultimo rapporto dell’Ufficio di coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite (Ocha), la fornitura di carburante egiziano ha registrato un netto calo nella settimana dal 22 al 28 ottobre a causa della chiusura dei tunnel sotterranei dall’Egitto.
Meno di 100 mila litri di carburante in media al giorno sono stati trasferiti a Gaza attraverso i tunnel e la centrale elettrica di Gaza ha bisogno di almeno 500.000 litri di gasolio al giorno per funzionare a pieno ritmo.
Secondo una ricostruzione di quanto è accaduto ieri, l’esplosione di un ordigno ha ferito soldati del genio militare mentre si apprestavano a far saltare una parte di un tunnel sotterraneo, a est di Khan Younis, costruito da combattenti di Hamas e scoperto nei giorni scorsi. L’Esercito israeliano, sempre secondo questa ricostruzione, aveva attraversato il confine con diversi carri armati nella zona del villaggio di Abbasan al-Saghira. La zona è la stessa in cui lo scorso 13 ottobre sarebbero stati scoperti tunnel simili a quello che i soldati stavano per distruggere e che sarebbe dovuto servire, secondo il portavoce militare israeliano, per condurre «attacchi terroristici e rapimenti». L’ordigno sarebbe stato piazzato da un’unità scelta di Ezzedin al Qassam, il braccio armato di Hamas.
L’intervento dell’aviazione
Dopo l’esplosione – soltanto uno dei cinque soldati è grave – una torretta di sorveglianza israeliana ha individuato la posizione dell’unità palestinese, nascosta in un altro tunnel. È quindi intervenuta l’aviazione che ha ucciso con una bomba di precisione Mohammad al-Qassas, Mohammad Dawoud e Khaled Abu Bakra. Israele li ha prontamente descritti come «tre alti comandanti militari» di Hamas. Un quarto palestinese, Rabieh Barikeh, è morto in uno scontro a fuoco. L’aviazione ha colpito anche lungo la frontiera tra Gaza e l’Egitto, distruggendo in apparenza un altro tunnel sotterraneo.
Ai funerali di Barikeh hanno partecipato almeno 2mila palestinesi. Il portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha reso omaggio ai quattro uccisi definendoli «eroi» e ha detto che anche alcuni soldati sono rimasti uccisi ma Israele non vorrebbe ammetterlo. Poco dopo i Comitati di resistenza popolare e il Fronte popolare per la liberazione della Palestina hanno comunicato di aver sparato razzi e colpi di mortaio verso il territorio israeliano. Israele invece ha parlato di un solo razzo caduto senza fare danni o feriti e ha accusato Hamas di aver violato i termini del cessate il fuoco di un anno fa.
A Gaza molti pensano che i comandi militari israeliani stiano preparando un nuovo attacco, alla luce anche della decisione – riferita dalla tv di stato – di schierare vicino al confine un’altra batteria di difesa aerea «Iron Dome» (Cupola di ferro), in grado di intercettare razzi. Ci sarebbe il leader talebano Hakimullah Mehsud tra gli almeno quattro morti provocati ieri da un drone statunitense nel Waziristan del Nord, in territorio pakistano. L’area colpita dal raid, che ha causato anche un numero imprecuisato di feriti, è quella di Danday Darpa Khel, distretto di Miranshah. L’aereo senza pilota ha sparato quattro missili contro un’abitazione, distruggendo l’intero edificio. I media locali riferivano ieri che alcuni droni continuavano a sorvolare la zona, diffondendo il panico tra la popolazione. Il Pakistan ha più volte protestato ufficialmente con Washington per una pratica che avrebbe ucciso 2.227 persone dal 2008
Fonti dei Talebani pakistani hanno confermato l’uccisione del loro leader. Mehsud era un capo militare molto rispettato e temuto, che controllava oltre 30 gruppi di militanti attivi nel nord-ovest del Pakistan. Negli ultimi mesi aveva mostrato qualche apertura di fronte all’ipotesi di colloqui con il governo di Islamabad. Proprio giovedì ieri il premier pakistano Nawaz Sharif aveva annunciato l’inizio dei colloqui con i Talebani.


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