Giovani disoccupati al 41,2%, salari a picco

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MILANO — Se c’è una luce in fondo al tunnel della crisi, è ridotta a un lumicino. È quello che dicono i dati più aggiornati sulla situazione economica italiana. Con la disoccupazione in crescita e quella giovanile che ha battuto un nuovo record, ovviamente in negativo, superando il 41 per cento. E c’è ben poco da consolarsi con il calo dell’inflazione: perché nel resto d‘Europa – anche se il livello dei prezzi è in lieve risalita – l’occupazione dà ampi segnali di miglioramento. Nel nostro Paese, infine, si assiste al crollo inarrestabile dei salari e quindi del potere di acquisto delle famiglie.
Ma andiamo con ordine, partendo proprio da quest’ultimo dato. Secondo Bankitalia, a fine 2012 le buste paga sono diventate più leggere di 830 euro (tredicesime comprese) a persona: lo stipendio medio nel 2010 era pari a 1.328 euro, mentre due anni dopo è sceso a quota 1.210. Aumenta il divario economico tra Nord e Sud: secondo gli esperti di Bankitalia, questo è dovuto al fatto che nelle regioni meridionali «la componente estera della domanda ha un peso minore e la presenza di imprese innovative è inferiore». Non solo: con i prestiti a imprese e famiglie in ulteriore diminuzione, il credito al Sud viene concesso con maggiore parsimonia e costa di più caro. Inoltre, come ha ricordato via Nazionale, l’arretratezza del Mezzogiorno è dovuta anche al fatto che «è più debole la tutela della sicurezza e dei contratti per via della presenza della criminalità e dei tempi lunghi della giustizia».
Non deve sorprendere, allora, l’ennesimo dato negativo sul fronte del lavoro diffuso dall’Istat.
Se a novembre il tasso di disoccupazione generale è rimasto bloccato al 12,5%, quello dei giovani tra i 15 e i 24 anni è salito al 41,2% (contro il 23,7% nell’Eurozona) con un ulteriore balzo dello 0,7% rispetto a ottobre. Guardando ai numeri dell’intero terzo
trimestre, a perderci è ancora il Sud. L’Italia ha perso nel complesso 522.000 posti di lavoro rispetto allo stesso periodo del 2012 (meno 2,3%). Ma il calo è stato più alto nel Mezzogiorno (-5,4%), mentre il Nord resiste (-0,8%).
Una situazione complicata dal fatto che in Europa la cose stanno diversamente. La Commissione Europea ha stimato che a novembre nell’Eurozona l’inflazione è salita allo 0,9%, ma la disoccupazione è scesa al 12,1%, primo calo dal giugno del 2011. Esattamente all’opposto in Italia dove, a fronte dell’aumento della disoccupazione, l’inflazione mese su mese è in calo dello 0,4% (record dall’inizio della crisi), con i prezzi saliti “solo” dello 0,6% su base annua. Da qui il richiamo del ministro dell’economia Fabrizio Saccomanni, secondo il quale «le istituzioni europee stanno facendo ancora poco per la crescita economica a livello continentale».
Un richiamo corretto se si pensa che ieri anche l’Olanda è uscita dal club della tripla A: l’agenzia di rating Standard&Poor’s ha abbassato il giudizio sul debito pubblico dei “tulipani” a “AA+” a causa di «un peggioramento delle prospettive di crescita». Nell’Eurozona solo Germania, Finlandia e Lussemburgo mantengono il giudizio top. Da segnalare che sempre S&P’s ha alzato di un gradino il giudizio per Spagna e Cipro: la riscossa dei Paesi del Mediterraneo non passa per l’Italia


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