Giustizia, i referendum non decollano Le firme restano sotto quota 500 mila

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ROMA — Se 530 mila firme depositate vi sembran poche. Eppure, stavolta, la «macchina da guerra» solitamente allestita dai radicali per promuovere i referendum abrogativi si sarebbe inceppata per colpa dei compagni di strada dell’ex Pdl — il primo settembre si presentò al gazebo di piazza Argentina a Roma anche Silvio Berlusconi — che si sono dati da fare soprattutto al Sud sui sei quesiti riguardanti la giustizia. Così ora, due mesi dopo il termine fissato per la consegna dei plichi in Cassazione, indiscrezioni filtrate dal Palazzaccio segnalano che i più gettonati dei sei referendum — i due sulla responsabilità civile dei magistrati — si sarebbero attestati intorno alle 400 mila firme valide, quando per passare il vaglio della Suprema Corte ne servono almeno 100 mila in più. Abbondantemente sotto la soglia del tetto del mezzo milione di firme, poi, si sarebbero fermati anche i quesiti sui magistrati fuori ruolo, sulla custodia cautelare, sull’abolizione dell’ergastolo, sulla separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri. Il responso dell’Ufficio referendum della Cassazione, presieduto dal giudice Corrado Carnevale, arriverà lunedì 2 dicembre: «Solo quel giorno — spiega la segretaria dei radicali, Rita Bernardini — il conteggio potrà dichiararsi concluso con la comunicazione, referendum per referendum, del numero delle firme convalidate». Sulla base di quei verbali poi il comitato promotore ha 5 giorni di tempo per produrre ricorso: e sarà «un fiducioso ricorso», conferma Marco Pannella. Da presentare allo stesso ufficio «diretto dal giudice Carnevale di cui abbiamo sempre apprezzato lo scrupolo e la correttezza», chiosa Rita Bernardini.
Lo sforzo organizzativo dei radicali è stato imponente ma tutto si gioca sul filo perché «se ai gazebo ci sono i nostri militanti lo scarto è del 2-3%», spiega ancora la Bernardini: «Se invece c’è gente inesperta…». Può capitare infatti che le firme siano raccolte registrando documenti non validi oppure che chi sottoscrive sia residente in un altro comune. Ma può succedere di peggio: «Due enormi plichi partiti dalla Calabria il 24 settembre con un corriere non sono mai arrivati» a Roma al comitato sistemato in uno scantinato di via Gregorio VII, racconta la Bernardini. Che aggiunge: «A ottobre quei pacchi sono stati riconsegnati dal corriere allo staff del governatore Scopelliti che aveva curato la spedizione». Ora molti di quei plichi arrivati in ritardo sono stati dirottati, senza togliere i sigilli, direttamente in Cassazione. Ma il punto è questo: possono essere convalidate le firme consegnate oltre il termine di legge?
I problemi del mancato raggiungimento delle 500 mila firme sono comunque di natura politica: «Intanto per la tardiva firma di Berlusconi. Ma nel Pdl c’è anche chi ha remato contro… con Brunetta che prometteva 5 milioni di firme…», osserva Rita Bernardini. Ma ce ne è anche per la sinistra: «In alcune feste dell’Unità i nostri militanti sono stati addirittura allontanati e vorrei ricordare le dichiarazioni di Renzi che disse che le riforme sulla giustizia le doveva fare il Parlamento».
Originariamente i referendum erano 12. C’erano anche quelli sulla Bossi-Fini (2 quesiti sull’immigrazione), sulla Fini-Giovanardi (droga), sull’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, sul divorzio breve, sull’8 per mille. Per questi sei quesiti, però, gli stessi promotori avevano dichiarato di non aver superato 200 mila firme.
Dino Martirano


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