La paura di restare senza Caimano

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Bastasse un voto del Senato, a far svanire un’ossessione. O una decadenza, a far sparire una riverita professione. Quella dell’anti-B. in servizio h24, quella di chi teme più di ogni altra cosa al mondo che con il tramonto di Berlusconi si avveri la nefasta profezia: «Simul stabunt, simil cadent». Via Berlusconi, via l’odioso Ventennio, ma anche via gli anti-Berlusconi, le gloriose milizie del contro-Ventennio.
E perciò, festa grande per l’estromissione dal Senato. Ma preoccupazione camuffata da scetticismo. Come recita il titolo dell’editoriale di Antonio Padellaro sul Fatto quotidiano : «È finita. Non è finito». Che poi non si capisce se sia un auspicio, un allarme, una previsione scientifica. O forse una manifestazione scaramantica. O un esorcismo laico. E infatti dicono: «Attenzione, non festeggiate troppo, il Caimano ha sette vite, troppo spesso l’abbiamo dato per spacciato». Vero, ma lo dicono con molta apprensione. «Ma può ancora risorgere?», è il titolo ansiogeno di in sondaggio che campeggia nell’edizione online del quotidiano. Come un rito per allontanare lo spettro dell’abbandono. Un sentimento ambivalente (speriamo di sì, ma speriamo pure di no) che induce le milizie del contro-ventennio a stringersi solidali di fronte all’evento che potrebbe essere salvifico, ma potrebbe anche essere apocalittico.
Apocalittico per «l’indotto» che l’antiberlusconismo eroico ed ossessivo rischia di veder sfumato nel caso in cui la decadenza parlamentare di Berlusconi fosse l’anticamera della sua definitiva decadenza politica. Quanti comici, satiri e vignettisti monomaniacali svuotati di senso creativo dalla eventuale dipartita del Grande Nemico? Mica sono tutti come Crozza, dalla vena multiforme e plurima. Che farà Mascia, ciò che resta di un leader di un popolo viola già afflosciato? Che farà MicroMega , forse ricominciare ad occuparsi di filosofia, di metafisica e di epistemologia? E tutti i monologhi teatrali su B., i filmetti su B., i documentari su B., le comparsate a Sanremo su B., adesso che fine rischiano di fare? Di quanto aumenterà il tasso di disoccupazione intellettuale senza l’onnipresente, l’Al Capone d’Italia, il criminale supremo, insomma senza B.?
Un po’ brindano, ma un po’ non vorrebbero mai brindare. Perfetto contraltare della corte che si stringe attorno al monarca assoluto, che rischia di veder sfumare posti, seggi, prebende, accomodamenti nel cerchio magico, l’anti-corte del contro-ventennio si interroga angosciata («Ma può ancora risorgere?») se nei prossimi mesi e anni occorrerà trovare qualcosa di alternativo alla rendita di posizione acquisita nella Seconda Repubblica. Basta fare un giro per le librerie per accorgersi che intere case editrici si sono specializzate per lustri sul genere letterario che ha Berlusconi per cuore e bersaglio. Biografie, monografie, saggi, testi teatrali, sceneggiature, opuscoli, su: il Caimano, il Venditore, il Tiranno, il Duce, il Despota, il Dittatore, il Semi-Dittatore, il Dittatore Light, Il Mafioso, il Delinquente, il Pregiudicato, il Corruttore, il Puttaniere, l’Evasore, il Sessuomane, il Videocrate, il Pedofilo, il Barzellettiere. Si sono viste installazioni artistiche, performance teatrali, composizioni d’avanguardia davanti alle quali il pubblico si chiedeva se fosse un allusivo attacco a Berlusconi oppure no. Giornali di successo hanno B. su almeno un titolo di ogni pagina. Convegni pensosi si sono interrogati senza requie sull’«allarme democratico» oppure sull’«attacco alla democrazia». Scrittori hanno deciso di scrivere i loro romanzi ambientandoli nei tempi bui del berlusconismo imperante. Trasmissioni televisive hanno avuto come unico format, per anni, per lustri, per decenni, l’ossessione di Berlusconi. Il talk-show più visto in assoluto è stato quello in cui Berlusconi si è messo a duellare in casa Santoro con effetti di spettacolo e di avanspettacolo mai più raggiunti. Partiti sono nati sul verbo anti-berlusconiano. Coalizioni si sono cementate sulla battaglia anti-berlusconiana. Quando il governo Berlusconi è fallito e al suo posto è arrivato il governo tecnico di Mario Monti, per qualche giorno sono stati urli di gioia, inni alla liberazione, calici alzati, tutto un congratularsi tra partigiani che hanno combattuto una ventennale battaglia. Poi, il senso di vuoto. E il ritorno di Berlusconi prima delle elezioni accolto con incredulità: «La mummia che parla». Il risultato elettorale di stallo ha regalato nuova linfa, e ora la decadenza imprime una nuova spinta all’altalena emotiva: «Se ne va o non se ne va?». Dopotutto la realtà non conta granché: il ventennio berlusconiano ha contato effettivamente solo dieci anni di pieno governo Berlusconi. Ma Berlusconi ha dominato l’immaginazione come nessun altro e anche i suoi più accaniti detrattori difficilmente possono vivere senza. Devono cambiare, trovare nuovi argomenti, ridere ed indignarsi anche per qualcos’altro. Che fatica. Sicuri che «non risorgerà»? Segue sondaggio.


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