Letta: no al rimpasto Dopo le primarie il passaggio in Aula

by Sergio Segio | 30 Novembre 2013 8:22

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VILNIUS — Deve tornare in Parlamento, lunedì andrà da Napolitano per concordare i termini del percorso che lo condurrà ad una nuova fiducia, ma Letta sembra per nulla dispiaciuto della necessità di tornare davanti alle Camere, «rafforzerà il governo e ci permetterà di cambiare passo, fino ad ora abbiamo giocato in difesa e sotto assedio, dopo potremo passare all’attacco».
La metafora calcistica è usata spesso dal presidente del Consiglio: in questo caso, prima in Lituania, poi di pomeriggio a Venezia, al congresso dei socialisti italiani, è cercata, voluta, persino enfatizzata con diverse sfumature. Il suo futuro Letta lo vede proiettato in un secondo tempo di questo esecutivo, dopo che nel primo «non abbiamo preso gol, nonostante l’assedio continuo»: insomma al netto di Berlusconi ora finalmente la sua maggioranza può sperare di fare vedere un po’ di bel gioco.
Al termine di un vertice europeo in chiaroscuro, parole sue, in cui l’Ucraina conferma di non decidere fra Mosca e Bruxelles, il presidente del Consiglio si proietta nel medio e nel lungo periodo carico di ottimismo: la verifica, «che brutta parola», si farà dopo l’8 dicembre, dopo la conclusione del congresso del Pd. Insomma ancora due settimane e «potremo impostare nuove riforme e definire una nuova agenda per il 2014, anno in cui giocherò in attacco su riforme economiche, politiche e istituzionali».
Letta respinge le critiche di galleggiamento, di eccesso di prudenza, rivendica i tre voti del Parlamento sulle riforme istituzionali, ricorda che manca solo il Senato per approvare l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, promette novità in tema di riforme per le crescita, precisa che in tema di giustizia il governo ha già fatto più di qualcosa, «in materia di giustizia civile siamo appena passati, nella classifica di Doing business, dal 150° posto al 103°, non è poco anche se non ci soddisfa».
Con Napolitano, dopodomani, mentre nega di essere stato spiazzato o sorpreso dalla decisione del Quirinale, discuterà di questo percorso istituzionale, gli proporrà «di andare in Parlamento dopo l’8 dicembre», in modo che non ci siano più zone d’ombra. Con un nuovo segretario del Pd, l’uscita dalla maggioranza di Forza Italia, un punto di chiarezza sarà più facile. Anche sulle riforme della Costituzione. E se si è creato un equivoco sulla forma in cui si recherà di nuovo alle Camere, in serata tocca al Quirinale precisare che Napolitano non ha mai parlato in questi giorni di «verifica», bensì di un passaggio parlamentare che segni discontinuità, cioè di una nuova investitura del governo da parte del Parlamento. Secondo alcuni un modo elegante per escludere dimissioni di sorta.
Di rimpasto infine il premier non vuole nemmeno sentire parlare: «La squadra del Consiglio dei ministri funziona bene e voglio continuare con quella squadra», mentre per «i sottosegretari le dimissioni stanno arrivando con il contagocce, quando torno in ufficio controllo la casella posta». Di pomeriggio si sposta a Venezia, ai lavori del Psi, dove un presidente del Consiglio non parlava da 20 anni, ovvero dai tempi di Craxi. Anche qui tanto ottimismo: il 2014 «sarà un anno bello e impegnativo, sarà l’anno della riscossa della buona politica. Il nostro Paese tornerà centrale in Europa e se saremo a posto con la nostra economia faremo vedere cosa vuol dire essere un’Italia leader in Europa. L’Italia, con la sua spinta europeista, tornerà leader guardando al modello di Altiero Spinelli. Il populismo e l’individualismo sono due sentimenti che distruggono la cosa pubblica».
Marco Galluzzo

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