L’ultima patacca su Mister Agrama

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 PERCHÉ la sintesi della conferenza stampa di Silvio Berlusconi è che per molti anni sia Frank Agrama, sia gli stessi manager del Biscione, e cioè i suoi stipendiati, avrebbero gonfiato, ovviamente a sua insaputa, i prezzi dei diritti cinetelevisivi. Una versione che non regge. «Quando ci porteranno le carte, valuteremo», dicono i magistrati, da Milano e Brescia.
LE DATE E IL PRESUNTO SHOCK
«Contiamo di avere dodici testimonianze, sette del tutto nuove», dice ieri Berlusconi, e cita ampiamente la principale, quella di Dominique Appleby. Appleby afferma che solo «nel 2013, avendo saputo del rinvio a giudizio di Silvio Berlusconi », ha chiesto di incontrarne gli avvocati, senza successo. Era «certa» che «nessuna prova» ci fosse e che sarebbe stato «revocato il rinvio a giudizio». Invece «fui scioccata» — dice — quando, dopo la conferma della sentenza, capii che Berlusconi «era a rischio di perdere il posto in Parlamento per un crimine che sapevo che non aveva commesso». Perciò, «preparai questo affidavit e lo sottoposi ai legali di mister Berlusconi».
Ma — domanda — questa Appleby che nel 2013 si allarma e si dà da fare per uno straniero innocente, è la stessa Dominique Appleby O’ Really che il 16 febbraio 2007, insieme a Frank Agrama, presenta un ricorso contro la rogatoria svizzera del dottor Fabio De Pasquale, sostituto procuratore di Milano, che da anni indaga sui magheggi contabili di Silvio Berlusconi, dell’avvocato David Mills, e dei vari faccendieri internazionali come Agrama? Sì, è lei, che ci racconta di questo shock a scoppio ritardato, di ben sei anni rispetto alla rogatoria.
Ma a che cosa si opponeva Appleby? A vedersi frugare in un conto, chiamato Ragtime, e poi Gander, intestato a lei e — sarà un caso? — ad Agrama. Vi sono transitati circa 4 milioni di dollari. Se questa è la teste principale, nonostante l’avvocato Niccolò Ghedini ne sostenga la bontà, si capisce quanto corte e traballanti siano le gambe della nuove carte americane.
UNA FOTO DI TROPPO
Berlusconi cita ieri all’infinito sia Frank Agrama, un egiziano trapiantato a Roma e poi negli Usa, sia «mister Gordon », ex dirigente della Paramount. Sarebbero loro il Gatto e la Volpe, perché «È chiaro che né mister Agrama né mister
Gordon avessero relazione alcuna con mister Berlusconi», legge sempre l’ex premier, riportando la testimonianza della manager con conto svizzero. Negli atti del processo milanese, purtroppo per lui e per la teste Appleby, ci sono smentite a go go. Come una bella fotografia: Gordon sta nientemeno che insieme a Berlusconi, che non conoscerebbe, accanto a una fontana. Non è stata individuata, ma «potrebbe essere quella della villa di Arcore», dice la Procura. Molte anche le testimonianze sul legame e i rapporti tra Berlusconi e Agrama, definito persino «un amico di famiglia».
IL GIRO DEI DIRITTI
«Posso affermare che non c’è stato nessun pagamento di mister Agrama e mister Gordon (…) a mister Berlusconi», il quale «non era stato informato del sistema organizzato per spartirsi i profitti dai prezzi Paramount», è dunque la versione dell’affidavit americano spedito ad Arcore. E Berlusconi la diffonde a piene mani. Forse lo fa perché né lui né i suoi avvocati
ricordano più alcuni passaggi cruciali delle sentenze provate sino alla Cassazione? Ricordiamo alcune prove italiane.
Innanzitutto c’è quella «orale e documentale, che Berlusconi abbia direttamente gestito la fase iniziale dell’enorme evasione fiscale realizzata con le società off shore». Spicca anche la testimonianza che arriva dall’interno dell’ufficio contratti del Biscione: una manager brianzola sentiva dire dal suo capo «Picchia giù con i prezzi», perché, secondo il suo verbale, si fabbricavano contratti fasulli, con somme altissime, mentre «il costo dei diritti — testimonia la gonfiatrice di prezzi, ed ex dipendente di Berlusconi — era di meno, sensibilmente di meno».
LA CENA DELLE BEFFE
Nell’estremo tentativo di evitare la sua cacciata dal parlamento, Berlusconi punta molto sulla parte di testimonianza Appleby che descrive il raggiro, quasi fosse un film di Martin Scorsese: «Cenai — dice lei — più di 30 volte con mister Gordon
e mister Agrama». E «in ripetute occasioni » i due compari «ripetevano lo schema che avevano messo in piedi (…) ho sentito almeno dieci volte, e spesso in coro, come Agrama fosse stato povero» e come, grazie ai trucchi apparecchiati con Gordon, «avesse fatto i milioni». Mentre il Gatto e la Volpe brindavano alla salute del pollo di Arcore, sarebbe stato meglio fare i conti con la realtà e con i milioni veri, perché la somma in ballo ammonta a ben «368.510.462 dollari (di cui 197 milioni di dollari riconducibili al 1994)». Questo, secondo i finanzieri italiani, è infatti il flusso di denaro sottratto da Berlusconi ai bilanci ufficiali grazie al giro dei diritti Mediaset taroccati. Nella versione americana, Berlusconi non si sarebbe mai accorto di aver sganciato l’iperbolica cifra in cambio di aria fritta. Ci si può credere?
LA LOGICA PROCESSUALE
Ora, quest’immagine di Berlusconi perdente e truffato non contrasta solo con quanto sappiamo di Berlusconi e del suo senso per gli affari. Non contrasta solo con la serietà aziendale, perché — domanda — una simile montagna di soldi può davvero scomparire senza che Fedele Confalonieri e i vari top manager alzino un sopracciglio? Ma osserviamo i fatti. Berlusconi, come sappiamo, è stato accusato e condannato per aver frodato il fisco italiano. Per questa frode, senza appello dallo scorso agosto, rischia di
sparire dal Parlamento (domani) e finire agli arresti (in primavera). Come lui stesso sottolineava ieri, rischia anche la «damnatio memoriae» della sua «storia di imprenditore e uomo di stato». Nuova domanda: è credibile che uno come lui abbia dovuto aspettare che un’amica americana di Frank Agrama tornasse sulla terra (da chissà quale galassia) per apprendere di essere lui il truffato? «Ma perché non ha denunciato Agrama per i soldi spariti?», è la domanda di un magistrato. Insomma, se questa neonata trincea americana fa già a pugni con la logica processuale, il rischio di k. o. immediato è altissimo.
LE TRE CONCHIGLIE
D’altra parte, come diceva al suo boss il contabile della casa cinematografica Fox (dicembre 1994, è agli atti), «L’impero di Berlusconi funziona come un elaborato «shell game»». Come il gioco delle tre conchiglie, «con la finalità di evadere le tasse italiane». Ecco perché, soprattutto dopo la conferenza di ieri, sembra difficile che la Volpe di questa storia sia da cercare oltre Oceano.


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