Tripoli, le milizie sparano sulla folla: 31 morti

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IL CAOS in Libia sta raggiungendo un livello di massima pericolosità. Ieri a Tripoli, per la prima volta dalla rivoluzione, una milizia ha sparato anche con mitragliatrici anti-aeree su una folla di manifestanti disarmati. Ci sono stati almeno 31 morti e più di duecento feriti: erano civili che chiedevano proprio alle milizie che occupano aree e quartieri della capitale di lasciare la città. I miliziani di Misurata, assieme a molte famiglie arrivate dalla città-martire della rivoluzione, da alcuni mesi controllano la zona di Ghargur, sulla strada per l’aeroporto. Hanno trovato base in quella che era l’“accademia femminile” del regime di Gheddafi.
Quando ieri i misuratini hanno visto comparire davanti alla loro base alcune centinaia di civili prima hanno sparato in aria, poi hanno abbassato il tiro sulla folla, uccidendo anche alcuni bambini e richiamando nell’area immediatamente la più potente
delle milizie di Tripoli, quella del quartiere di Suk Al Juma. Gli uomini di Suk Al Juma hanno circondato quelli di Misurata, spalleggiati da blindati e carri armati dell’esercito e della polizia nazionale. Poi i civili, che nel frattempo erano corsi a casa ad armarsi, sono tornati e hanno invaso la caserma dei misuratini che nel frattempo era stata abbandonata. La caserma è stata devastata e incendiata, e i miliziani di Misurata sono asserragliati in alcune ville e palazzi del quartiere. Secondo una fonte italiana nella notte i miliziani di Misurata negoziano con quelli di Suk al Juma i termini di una ritorsione, di una “punizione” che comunque — secondo i tripolini — dovrà essere messa a segno. La protesta di ieri, nel venerdì di preghiera per l’Islam, era stata sostenuta dagli imam delle moschee di Tripoli e dallo stesso gran muftì. Essendo stata liberata praticamente per ultima, Tripoli si era vista “invasa” nell’estate di due anni fa da milizie che per settimane avevano combattuto in campo aperto contro l’esercito di Gheddafi, uomini arrivati da Misurata, Zintan, Bani Walid. Prima che i tripolini si organizzassero hanno avuto gioco facile nel trasformare la liberazione della città in una sorta di occupazione, contro la quale i tripolini da settimane hanno iniziato a protestare.
Al Sadat Al Badri, il capo del “consiglio comunale” di Tripoli, ieri mattina era stato il primo a chiedere ai suoi concittadini di scendere in piazza: «La nostra città deve essere liberata da chi continua a occuparla con le armi ». Ieri sera il debole premier libico Ali Zeidan ha provato a ordinare a tutte le milizie armate di lasciare Tripoli, anche se non è chiaro come riuscirà ad imporre il suo ordine visto che esercito e polizia sono molto più deboli delle milizie. Gli scontri in città e la possibilità che il caos peggiori hanno confermato a molti governi stranieri che per il momento è meglio ridurre la presenza dei loro diplomatici in Libia: l’Italia ha iniziato a ritirare il personale non indispensabile dalla settimana scorsa. Le prossime ore saranno decisive, soprattutto se il premier Zeidan non riuscirà a trovare il modo per imporre una tregua fra le milizie e avviare una sorta di “liberazione” della capitale, senza la quale è molto probabile che gli scontri riprenderanno più forti di prima.


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