«Basta scetticismi dell’Europa sull’Italia»

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ROMA — «A livello delle istituzioni europee si impone una correzione di rotta nel senso di un impegno nuovo per promuovere la crescita dell’economia e dell’occupazione». L’appello del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, arriva ieri al termine dell’incontro con l’omologo croato, Ivo Iosipovic. Ma le sue parole paiono più riferite all’ennesimo richiamo del commissario Ue agli Affari economici, Olli Rehn, critico circa gli sforzi di risanamento compiuti dall’Italia che, come la Francia, è «chiaramente indietro rispetto agli altri Paesi europei» nelle riforme.
Riflessioni che il commissario svolge commentando un rapporto del think thank belga Lisbon Council che, per la verità, mette nel mirino la Francia come Paese a rischio per la sua «avversione alle riforme», mentre l’Italia ha una situazione di bilancio «facilmente sostenibile» grazie al surplus primario. Chiamato a indicare quale sia, secondo lui, il Paese più a rischio, Rehn afferma: «In Italia, così anche come in Francia e in Finlandia, non abbiamo visto sforzi sostanziali per rilanciare la competitività, e su questo ci si deve concentrare» intensificando «le riforme economiche». Valutazioni che, contestualizzate, potrebbero apparire meno sferzanti, se lo stesso Rehn in un’intervista ieri non avesse accusato l’Italia di non rispettare «un certo ritmo di riduzione del debito» e di rischiare in questo modo di non poter «invocare la clausola di flessibilità».
Ce n’è abbastanza per provocare una reazione. Quella dei mercati è indifferente: lo spread resta a 235 punti base. Quella di Forza Italia è automatica: invocare le dimissioni del ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni. Quella dell’ex presidente della Commissione europea, Romano Prodi, è considerare quella di Rehn «una dichiarazione severa», che ha «dei fondamenti di verità» perché noi «non abbiamo fatto cose per cui ci eravamo impegnati», come «spostare la tassazione verso cose non produttive, come i beni immobili», ma d’altra parte la stessa severità, secondo Prodi, andrebbe usata «anche per altri, che sono nella stessa situazione dell’Italia o stanno peggio». Da New York, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni precisa che dall’Ue «non c’è stata alcuna richiesta di misure correttive» ma «piena attenzione» a quelle «che sono in corso di attuazione».
Napolitano reagisce invitando a cambiare rotta ma il suo è anche un impegno per il prossimo semestre di presidenza italiana dell’Ue: «Opereremo nel senso di dare nelle politiche europee lo spazio che meritano i problemi dello sviluppo dell’aerea del Sud Europa».
Più piccata la replica di Letta: «La ripresa va aiutata, non soffocata. Al commissario dico che i nostri conti sono in ordine, la nostra politica economica è equilibrata». Quanto agli impegni assunti, «Rehn ridice le cose scritte nel rapporto della Commissione» cui l’Italia ha risposto avviando spending review e privatizzazioni. Poi Letta attacca Rehn personalmente: «Il commissario europeo deve parlare di stabilità, di equilibrio finanziario, ma lo scetticismo appartiene ad un’altra categoria, quella del dibattito politico che il commissario europeo, in quanto candidato alle elezioni europee, può usare ma deve togliersi la giacca da commissario, altrimenti si troverà in un prossimo parlamento europeo non carico di ideali europeisti, ma carico di populismi euroscettici». In serata una nota del portavoce di Rehn minimizza: il commissario «ha ribadito le valutazioni della commissione», quanto allo scetticismo, «si applica a tutti gli Stati Ue». Poi però la stoccata finale: «Abbiamo imparato dalla passata esperienza che gli Stati membri hanno la tendenza a sovrastimare le entrate future provenienti dalle privatizzazioni. Aggiorneremo la situazione nel contesto delle nostre stime invernali di febbraio…».
Antonella Baccaro


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