“Ora Khodorkovskij è diverso può diventare un altro Sakharov”

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MOSCA — «In carcere Mikhail Khodorkovskij è diventato un altro uomo, avvicinandosi alle grandi figure della dissidenza sovietica quali Andreij Sakharov », dice il filosofo francese Marek Halter, che fu amico del fisico nucleare e oppositore russo insignito del Nobel per la Pace nel 1975. «Adesso vedremo che cosa l’ex oligarca farà dell’esperienza accumulata in questi anni di prigionia, se riuscirà o meno a sublimarla».
Marek Halter, Sakharov era un uomo molto diverso da Khodorkovskij. Eppure hanno entrambi rifiutato di piegare la testa davanti al regime. Che cosa li accomuna?
«Sono stati tutti e due perseguitati dal regime, sia pure per ragioni diverse. Sakharov, eminente scienziato e padre della bomba atomica sovietica, fu vicino al potere, fino al giorno in cui ne scoprì la corruzione e divenne un dissidente. Il Cremlino decise allora di relegarlo assieme a sua moglie Helena Bonner a Gorkij. Anche Khodorkovskij fu vicino al potere, quando assieme a una ventina di persone si spartì ciò che restava delle macerie dell’impero sovietico. Poi, una volta diventato miliardario, invece di fuggire a Londra come fece la maggior parte degli oligarchi, rimase a Mosca. Ed ebbe velleità politiche, diventando per Putin una spina nel fianco, che si è accanito contro la sua sorte».
Come è cambiato Khodorkovskij in carcere?
«A giudicare dai suoi scritti, l’ex magnate ha subito una profonda evoluzione intellettuale e si è molto avvicinato a ciò che pensava Sakharov. Del resto lo ha dichiarato lui stesso quanto la prigione gli abbia aperto gli occhi, e di come si sia reso conto, per esempio, che i soldi non danno il potere o, quanto meno, il potere “positivo”».
E secondo lei merita un Nobel per il martirio subito negli ultimi dieci anni, come ha scritto ieri Victor Eroveef su queste pagine?
«No, non ancora. Se Mandela ha ricevuto il Nobel non è stato per via del suo “martirio”, ma perché una volta uscito di prigione è riuscito a frenare le pulsioni di odio nei confronti dei suoi aguzzini. Non ha voluto vendicarsi, ma li ha perdonati. Quindi, per tornare a Khodorkovskij, mi sembra prematuro candidarlo al premio. Dobbiamo, quanto meno, aspettare le sue prossime azioni».
Il politologo russo Stanislav Belkovskij ha dichiarato che Putin ha liberato Khodorkovskij perché non gli fa più paura e s’è accorto che l’ex magnate non è un rivoluzionario. Condivide?
«Un anno fa, nel corso della mia ultima conversazione con Putin, gli chiesi che cosa aspettava a liberare Khodorkovskij. Lui mi rispose che non poteva ancora farlo, ma che aspettava il momento opportuno. C’erano all’epoca dei senatori americani che chiedevano a gran voce la grazia per l’ex petroliere e Putin non voleva dare l’impressione di piegarsi alla loro volontà. Se l’ha liberato adesso avrà avuto i suoi buoni motivi, perché se mi è consentito di generalizzare, i russi sono grandi giocatori di scacchi e persone molto orgogliose ».
Ma perché oggi i dissidenti russi si contano sulle dita di una mano?
«Forse perché molti russi, soprattutto nelle campagne, amano il loro presidente. O, se preferisce, non lo detestano, anche perché Putin non si è mai macchiato di crimini orrendi, né ha mai compiuto malvagità tali da scatenare un forte movimento di opposizione. Poi, in Russia mancano personaggi carismatici in grado di cristallizzare lo scontento. E mancano soprattutto proposte alternative al sistema russo. Mi riferisco all’Europa strangolata dalla crisi o agli Stati Uniti dove il presidente Obama non è neanche riuscito a imporre una valida riforma sanitaria».


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