Alle coppie gay i benefici di legge anche nei Paesi senza matrimoni

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BRUXELLES — Accadrà anche nei Paesi europei che ancora non riconoscono legalmente le unioni gay, anzi questa sentenza C-267/12 sembra tagliata su misura proprio per loro. Almeno in via di principio. Dice infatti la Corte di giustizia Ue: uomini che si sposano o convivono legalmente con uomini, e donne che si sposano o convivono legalmente con donne, hanno il diritto alla licenza matrimoniale quando si stipula la loro unione, e ad altri benefici offerti dal datore di lavoro; né più né meno come avviene alle coppie eterosessuali. Se così non fosse, rileva il supremo organismo che dirime dubbi e contrasti vegliando sulle norme fondamentali comuni a tutti i 28 Stati, allora vi sarebbe una discriminazione. Uno squilibrio di diritti umani e sociali basato sulle scelte sessuali dei cittadini. In altre parole: la norma europea — in questo caso l’uguaglianza dei benefici per tutti — prevale sulle leggi nazionali. È l’enunciazione di un principio, naturalmente, perché la Corte non usa certo i carri armati per imporre le proprie sentenze: ma quel principio viene considerato assai importante, da molti giuristi europei, come «apri-pista» di futuri sviluppi normativi. Anche perché, per esempio, proprio ieri la Croazia — nazione «neo-europea» — ha messo in pista una legge che dovrebbe accordare alle coppie gay più diritti civili (ma non più il diritto al matrimonio, bocciato in un referendum popolare). Mentre, dall’altra parte del mondo, la corte federale australiana ha bloccato con un deciso «no» le stesse nozze gay. E più o meno lo stesso è capitato in India, dove è in atto uno scontro fra la Corte Suprema (contraria alla legalizzazione) e il governo (favorevole).
Il caso da cui ora tutto è nato nella Ue ha origine in Francia, nazione che ha legalizzato il matrimonio fra persone dello stesso sesso solo dal 17 maggio 2013. In Francia, appunto, in una banca che si chiama Crédit agricole mutuel 2, lavorava il signor Fréderic Hay. La banca ha un contratto collettivo che offre un premio economico e alcuni giorni di licenza ai suoi impiegati, quando si sposano. E anche Hay, un giorno, si è sposato: o meglio, ha concluso un Pacs (patto civile di solidarietà, unione di fatto) con un altro uomo. Ma per lui, niente licenza matrimoniale e niente premio economico: il contratto collettivo, secondo i suoi dirigenti, riguardava solo i matrimoni eterosessuali. Hay si è rivolto ai giudici, fino alla Corte di cassazione francese. E quest’ultima, davanti al dubbio interpretativo, ha chiesto alla Corte di giustizia Ue se il diverso trattamento fra coppie, quelle licenze matrimoniali concesse o negate, violassero il diritto dell’Unione che proibisce la discriminazione basata sull’orientamento sessuale. La risposta è stata «sì», e così l’Europa ha avuto il parere giuridico che cercava. Altri pareri, e ben più secchi, arrivano invece dalla Russia: nel suo discorso sullo Stato dell’Unione, il presidente Vladimir Putin ha difeso la legge contro la propaganda pro-gay e definito la stessa Russia una trincea «contro la cosiddetta tolleranza, sterile e senza identificazione sessuale».
Luigi Offeddu


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