Ma sul «contratto» il premier teme il fuoco amico

by Sergio Segio | 8 Gennaio 2014 8:42

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«Neppure a Matteo conviene il voto anticipato, fiducioso sulla fase due» Le caselle Per il presidente del Consiglio l’eventuale rimpasto sarà dopo la firma del patto ROMA — Visto che l’intenzione di Letta è quella di «fare in un anno le riforme che non si sono fatte negli ultimi 20» e visto che a Palazzo Chigi giudicano sia Scelta civica che il nuovo partito di Alfano movimenti «senza preconcetti ideologici, liberali e in grado di essere realmente riformisti», per paradosso il rischio più grande per Letta arriva dal suo stesso partito.
Non è una questione legata a Renzi, alla nuova leadership, al movimentismo del sindaco di Firenze che flirta con Berlusconi e Forza Italia sulla legge elettorale e che prende almeno su questo tema un percorso diverso da quello che sta compiendo il presidente del Consiglio.
No, il problema è emerso ieri nel corso dell’incontro con i rappresentanti di Scelta civica. Letta intende dividere il Contratto di coalizione, che si chiamerà Impegno 2014, in due parti: una molto incisiva sulle riforme economiche e sociali, dettagliata il più possibile nei tempi e nel merito; un’altra sulle riforme che sarà più di indirizzo, in omaggio all’autonomia delle Camere. Bene, sulla prima parte, Letta è consapevole che le maggiori riserve verranno proprio dal suo partito. E che toccherà a lui superarle.
La cornice, beninteso, è sempre quella dell’ottimismo: a porte chiuse, prima di salire al Quirinale per riferire dell’avvio dei colloqui, ieri mattina il capo del governo ha scandito queste parole ai rappresentanti del partito fondato da Mario Monti: «Posso rassicurarvi, non conviene né a Renzi né al Pd andare al voto anticipato, io resto molto fiducioso in questa fase due del governo, che può concludersi nella primavera del 2015».
Detto questo però lo stesso premier è apparso consapevole che proprio nel partito democratico albergano le maggiori resistenze nei confronti di un’agenda realmente liberale e riformista. E chi lavora con lui conferma quanto discusso con Scelta civica: «Sicuramente ci sono maggiori tabù ideologici nel Partito democratico che nelle altre forze che sostengono il governo, è anche opinione del presidente del Consiglio, e se questo renderà il compito forse più difficile resta comunque la fiducia in un obiettivo che è a portata di mano».
Insomma è dal Pd che il presidente del Consiglio attende il maggiore supporto possibile, proprio perché a quel punto la strada diventerebbe chiara. Non certo in discesa, perché dopo la chiusura del Contratto di coalizione ne dovrà iniziare l’attuazione, con tanto di sinergia fra governo e Parlamento, ma «è una questione di volontà politica, quella che è mancata in questi anni, in tutti i partiti: se ci sarà quella, di fare una cosa straordinaria, mai fatta prima, allora supereremo qualsiasi cosa», ripete Letta.
E le cose, il merito, i programmi, verranno prima dei nomi, della squadra di governo. Gli hanno chiesto del rimpasto, Letta ieri mattina è rimasto quasi in silenzio, non affronta l’argomento nemmeno a porte chiuse. Fa sapere che non gli piace il termine, che se qualcosa avverrà sarà dopo la chiusura di Impegno 2014, ma che preferisce parlare di eventuali nuovi ingressi.
Lo stesso Renzi del resto, ieri sera, ospite della trasmissione di Lilli Gruber, ha detto che anche a lui del rimpasto non gli interessa, è rito da Prima Repubblica. C’è da scommettere che Letta ha gradito l’osservazione. Glielo dirà domani o dopodomani, quando dovrebbero incontrarsi.
Marco Galluzzo

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