Metà governo in agitazione per il valzer dei ministri

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ROMA — «Rimpasto? Sono cose che non mi appartengono, decida la politica…». La battuta di Annamaria Cancellieri dice l’insofferenza e il disagio con cui i ministri finiti nel mirino, mezza squadra di governo o quasi, vivono l’assalto. Il valzer del «Letta bis» non è ancora iniziato e dal Messico si registra lo stop del premier, eppure i dicasteri sono in grande agitazione.
I partiti più piccoli pressano, chiedono posti, fanno di conto…. Sognano una poltronissima il leader socialista Riccardo Nencini e Bruno Tabacci, del minuscolo Centro democratico: non gli dispiacerebbe approdare alle Politiche agricole al posto di Nunzia De Girolamo. Scelta civica vuole (almeno) un ministero economico e contesta le due poltrone rimaste nella quota di Casini, Mario Mauro e Gianpiero D’Alia. Ed ecco che il responsabile della Pubblica amministrazione finisce nell’elenco dei «traballanti». Una lista dei desiderata (e degli indesiderati) destinata ad allungarsi, finché Letta — e Renzi prima di lui — non avranno deciso il da farsi.
Timori, sospetti, veleni. E voci incontrollate, come quelle che vorrebbero la giovanissima renziana Maria Elena Boschi alle Riforme, o persino alla Giustizia. I sismografi del Pd registrano oscillazioni crescenti per Massimo Bray. «Pende come la Torre di Pisa…», scherza un deputato: il buon rapporto con il leader potrebbe non bastare a salvargli il posto alla Cultura, viste le perplessità che girano a Palazzo Chigi per la scarsa attività in un settore cruciale come il Turismo. Gianni Cuperlo starebbe cercando un nome più forte per quella casella, ma per ora il presidente del Pd non si sbilancia: «Quando il premier è all’estero è ragionevole non parlare di rimpasto o Letta bis». Galanteria che non basta a fermare i boatos.
Nunzia De Girolamo? «Indifendibile» dicono al Pd, dove persino il garbato Roberto Speranza le ha dato una mano verso la discesa politica. «Caso imbarazzante, siamo stanchi dei problemi personali dei ministri», era ieri il titolo de l’Unità all’intervista del capogruppo. È vero che finora nessuno ha presentato una mozione di sfiducia, ma è vero anche che i rapporti tra Letta e la giovane Nunzia non sono mai stati idilliaci e che i democratici ritengono «sovradimensionata» la delegazione dei cinque ministri di Angelino Alfano. Il quale è tornato a far notizia per la coda polemica del caso Shalabayeva: i vertici del partito nato dalla scissione di Forza Italia non hanno deciso chi dovrà guidarlo, se il vicepremier (lasciando gli Interni) oppure Maurizio Lupi. E poi ci sono gli «intoccabili». Enzo Moavero per le sue capacità e conoscenze in Europa, Fabrizio Saccomanni perché «blindato» dal governatore Draghi e per la «stima altissima» di Giorgio Squinzi… Tra due guanciali dorme anche Andrea Orlando, convinto di essersi mosso bene sulla «terra dei fuochi».
Come color che stan sospesi si trovano invece Maria Chiara Carrozza (Istruzione) e Flavio Zanonato. L’ex sindaco di Padova è atterrato in Cina e ha postato su Twitter una foto che lo ritrae sorridente all’ambasciata di Pechino con Michelangela Agnolin, «padovana che si occupa di eCommerce e comunicazione onLine a Shanghai». Disteso, per nulla preoccupato del suo destino. Forse è arrivata anche a lui la voce che Letta lo ha riabilitato: «Zanonato? Un motore diesel, era partito lento ma ora sta lavorando bene». Lo Sviluppo è però una delle postazioni chiave per il rilancio economico e i renziani ci hanno messo gli occhi sopra per Graziano Delrio, a dispetto del fatto che a Mario Monti non dispiacerebbe affidarla a Irene Tinagli.
Contesa anche la poltrona del Lavoro, alla quale i renziani guardano per attuare il Jobs act . Il nome più accreditato, se mai il segretario cederà al pressing di Letta, è quello di Guglielmo Epifani. «Ha lanciato segnali di interesse», confermano al Nazareno. Ed Enrico Giovannini? Se costretto a lasciare, verrebbe ricompensato al prossimo giro di nomine con la guida di un ente come Inail o Inps.
Monica Guerzoni


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