Kerry in Vaticano Una «strada comune» per la pace in Siria

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CITTÀ DEL VATICANO – Un’ora e quaranta minuti di incontro tra segretari di Stato, il cardinale designato Pietro Parolin con la delegazione vaticana da una parte e John Kerry con quella statunitense dall’altra. E già la durata inusuale del vertice «molto fruttuoso e ricco di contenuti» la dice lunga sull’attenzione e le preoccupazioni della Santa Sede e sull’influenza «morale» e diplomatica che il Vaticano sta mettendo in campo. Si parla del processo di pace tra israeliani e palestinesi e del piano americano, del Sud Sudan, anche delle preoccupazioni della Chiesa per «i regolamenti della riforma sanitaria» di Obama «in rapporto alla garanzia della libertà religiosa», ma soprattutto si discute di Siria, alla vigilia della conferenza di Ginevra sulla pace, il 22 gennaio: «O ci saranno risultati o sarà la catastrofe», sillaba un diplomatico di lungo corso come il cardinale Jean Louis Tauran, responsabile vaticano del dialogo interreligioso.
Non a caso il Papa, nel discorso di lunedì al corpo diplomatico, aveva voluto richiamare il centenario della prima Guerra Mondiale e le parole di Benedetto XV che nel ‘17 invitava a porre fine all’ «inutile strage» e far prevalere «la forza morale del diritto» su quella «materiale delle armi». Francesco ha ricordato la giornata di «digiuno e preghiera» che proclamò a settembre per «scongiurare l’aggravarsi della violenza», un’iniziativa («guerra chiama guerra!») che ebbe un peso decisivo nel fermare l’intervento meditato dagli Usa. E ha chiesto per la Siria «una rinnovata volontà politica comune per porre fine al conflitto».
Così negli ultimi due giorni, tra il discorso del Papa e l’incontro dei segretari di Stato, proprio il cardinale Tauran ha guidato in Vaticano un «workshop» a porte chiuse «con esperti e diplomatici» (c’era anche Romano Prodi) per un approfondimento da «consegnare al Santo Padre». Di fatto un piano in cinque punti che sviluppa la «strada maestra» – come titola oggi a tutta prima pagina l’Osservatore Romano – della Santa Sede. L’«immediato cessate il fuoco» e «la fine di ogni violenza» , anzitutto, «senza precondizioni politiche»: tutti i «combattenti interni devono deporre le armi» e «tutte le potenze straniere» impegnarsi a «fermarne il flusso e il finanziamento». Quindi l’apertura di «corridoi umanitari» per aiutare la popolazione, la «ricostruzione morale e materiale» del Paese, il «dialogo e la riconciliazione» tra le comunità. E infine, fondamentale, la necessità che a Ginevra e al processo di pace «siamo presenti tutti gli attori regionali e globali». Anche qui niente veti e condizioni, dal governo siriano agli oppositori alle «potenze straniere», un punto su cui lo stesso Papa e Putin si erano trovati d’accordo nell’incontro di fine novembre. Alla Radio Vaticana , il cardinale Tauran lo dice chiaro con un esempio significativo: «È indispensabile che ci sia anche l’Iran, a Ginevra 2». E ricorda «l’accordo sul nucleare» avvenuto di recente, «un passo molto positivo che si spera possa essere contagioso».
È questa in sostanza la linea che la Santa Sede ha esposto al segretario di Stato americano. Dopo l’incontro con Parolin, del resto, John Kerry ha fatto sapere che Obama incontrerà il Papa «nell’immediato futuro» e la Casa Bianca ha confermato come il presidente Usa sia «impaziente di poter vedere presto Francesco». Bergoglio, parlando ai diplomatici di tutto il mondo, ha scandito: «Auspico che la Conferenza “Ginevra 2” segni l’inizio del desiderato cammino di pacificazione». La Santa Sede invoca un «nuovo inizio» ed è pronta a lanciare una «nuova iniziativa», osserva il cardinale Tauran: «Sarà il Papa a decidere quale gesto si possa compiere». Gli «attori» del conflitto ne conoscono ormai il peso planetario, Tauran sorride : «La grande popolarità di Papa Francesco fa sì che i leader politici siano sempre curiosi e un po’ impressionati…».
Gian Guido Vecchi


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