Così una legge delle ex Larghe Intese frenerà le ruspe sulle case abusive

Loading

ROMA — Morte e sepolte, le larghe intese precedente versione continuano tuttavia a riservare sorprese. Per esempio, il ringraziamento sentito che l’ex Guardasigilli del governo Berlusconi Francesco Nitto Palma ha rivolto a Rosaria Capacchione e a due altri senatori democratici, perché «rendendosi interpreti presso il loro partito delle buone ragioni del provvedimento, hanno fornito un fattivo contributo all’approvazione». Roba da stropicciarsi gli occhi, considerando che Palma si è sempre dichiarato «pronto a dialogare con il diavolo» pur di riaprire le porte al condono edilizio in Campania. Mentre la napoletana Rosaria Capacchione, giornalista costretta a vivere sotto scorta per il suo impegno contro la camorra, milita in un partito che alle sanatorie ha ufficialmente dichiarato guerra.
Perché il provvedimento di cui sopra, che ha rinverdito per un attimo la ex maggioranza dissolta dalla scissione del centrodestra, è proprio di quelli che fanno torcere le budella alla sinistra. Tema, le demolizioni delle case abusive. Trattasi di una legge passata ieri a palazzo Madama di cui è primo firmatario il senatore Ciro Falanga di Forza Italia, avvocato di Torre del Greco: area urbana di Napoli. Con lui l’hanno sottoscritta una trentina di senatori berlusconiani, per metà campani. Come la casertana Mariarosaria Rossi, ombra inseparabile del Cavaliere, oppure il napoletano Riccardo Villari, un tempo onorevole democratico. Nonché Domenico De Siano, originario di Ischia: isola di 62 mila abitanti devastata da 28 mila abusi. Quindi la romana eletta in Campania Alessandra Mussolini, ma anche l’abruzzese Antonio Razzi e il siciliano Domenico Scilipoti. E il neocoordinatore del partito per il Lazio Claudio Fazzone, spettatore qualche anno fa di una disavventura edilizia familiare: la villa di Fondi intestata alla moglie fu sequestrata per abusivismo su incarico del procuratore di Latina Giuseppe Miliano (notizia Ansa del 25 febbraio 2005).
Che cosa dice la legge? È una semplice lista delle priorità, dalla lettera a) alla lettera m) con cui viene stabilito l’ordine delle demolizioni degli abusi edilizi. Per primi vanno buttati giù quelli pericolosi. Quindi le case abusive non ancora ultimate. Poi quelle utilizzate per le attività criminali, quelle dei mafiosi, i villaggi turistici frutto di lottizzazioni abusive, le seconde case, gli immobili commerciali, quelli occupati da persone che dispongono di un’altra abitazione… Dulcis in fundo, ecco la lettera m): si possono abbattere le case abitate da chi non sa dove altro andare, con «contestuale comunicazione alle competenti amministrazioni comunali in caso di immobili in possesso di soggetti in caso di indigenza». Sulla carta potrebbe avere pure un senso. Anche se non si capisce, ad esempio, il motivo per cui l’abbattimento degli immobili «in corso di costruzione o comunque allo stato grezzo e non ultimati» debba avere la precedenza rispetto alla demolizione delle case abusive «utilizzate per lo svolgimento di attività criminali».
Il problema sono le possibili conseguenze, in un Paese massacrato dagli illeciti edilizi e dove mancano perfino i denari per fare il pieno di benzina alle ruspe. E qui arriviamo ai disturbi intestinali, in primo luogo degli ambientalisti. «Ho parlato con alcuni magistrati. Sono convinti che con questa lista gli abbattimenti, già dispensati con il contagocce, rallenteranno ulteriormente», dice il deputato del Partito democratico Ermete Realacci. Promettendo battaglia alla Camera contro quello che considera un autentico condono mascherato. L’ennesimo tentativo di salvare centinaia di migliaia di abusi proprio in Campania, che questa volta potrebbe andare a segno dopo tanti fallimenti. Tesi fieramente contestata dalla sua collega di partito Capacchione: «Sono sconcertata. Non è altro che il regolamento già adottato da alcune Procure della Repubblica per cadenzare i pochissimi abbattimenti che vengono disposti ogni anno».
Qualcosa però non torna. Almeno a giudicare dall’entusiasmo, per questo apparentemente asettico elenco di priorità, di uno come Palma che per due anni ha guidato il partito del condono. Non solo con le dichiarazioni, ma con proposte di legge. Chiedeva che venissero riaperti in Campania i termini della sanatoria edilizia del 2003, mutilata da una legge regionale voluta dall’ex governatore Antonio Bassolino con Marco Di Lello assessore all’urbanistica, che ne restrinse il raggio d’azione. Quel provvedimento fu subito impugnato dal governo Berlusconi e finì alla Consulta, che lo smontò.
Da allora, era il 2006, i tamburi dei condonisti non hanno mai smesso di rullare. Sempre più forte in occasione delle campagne elettorali: toccando l’apice alla vigilia delle regionali del 201o, quando a Ischia i proprietari delle case abusive scesero addirittura in piazza. E subito il governo Berlusconi approvò un decreto per bloccare le demolizioni in Campania, provocando la rivolta della sinistra, convinta che avrebbe fermato gli abbattimenti anche nelle zone ad alta densità camorristica. Con l’ex sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino a rivendicare: «Era una promessa elettorale fermare le ruspe». Che poi, diciamo la verità, in questo Paese non hanno mai avuto molta fretta di entrare in azione.
L’anno scorso gli abbattimenti sono stati circa un migliaio. A questo ritmo, sempre che ci fossero i soldi (ma non ci sono) servirebbero 27 anni per buttare giù i soli 270 mila immobili abusivi per cui nelle sole Province di Napoli, Caserta, Benevento e Avellino l’autorità giudiziaria o i sindaci hanno già chiesto la demolizione.
La storia del resto insegna come nel Paese delle sanatorie eterne il condono possa assumere le forme più stravaganti. La prova? Secondo una norma del decreto Bankitalia-Imu che si vota oggi, chi comprerà immobili pubblici avrà un anno di tempo per sanare eventuali abusi. Utilizzando nientemeno che le norme del condono 1985: quello di Bettino Craxi. Non stupitevi. Delle 597 mila domande presentate nel solo Comune di Roma per le tre sanatorie susseguitesi da quell’anno fino al 2003 ne devono essere ancora esaminate circa 200 mila. Campa cavallo…


Related Articles

Climate change. Trump: fuori dall’Accordo di Parigi

Loading

Stati uniti. Il presidente annuncia il ritiro: «Catastrofe economica per gli Usa, serve solo la Cina»

Attivisti protestano al Vertice sul clima: «Occupy Durban»

Loading

SUDAFRICA  La sede della Cop17 è nel Centro Conferenze di Durban, nel cuore commerciale e finanziario della città . Dietro il cancello dell’entrata principale, dove campeggiano enormi manifesti con su scritto «un futuro verde ha bisogno di banche verdi», svetta il grattacielo dell’Hilton, che ospita il grosso dei negoziati.

Ilva, chiesto il fallimento della holding dei Riva

Loading

Il processo. La «Fire» controllava l’87% del gruppo siderurgico. Il colosso dell’acciaio è stato commissariato dallo Stato, e oggi è in vendita

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment