Legge elettorale, il giorno della verità Alla Camera il voto a scrutinio segreto

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ROMA — Oggi intorno alle 10.30 la legge elettorale affronta il vero primo giro di boa dopo il rocambolesco approdo in Aula che ieri mattina ha rasentato un vero e proprio naufragio. Alle 9.30 si va in Aula, dunque, e poi la Camera vota a scrutinio segreto le 4 pregiudiziali di costituzionalità (di Sel, della Lega, del M5s e dei Popolari per l’Italia) che possono far tremare l’asse Renzi-Berlusconi e far saltare il patto sulle riforme.
Ai piani alti del Pd mostrano sicurezza e anche Maria Elena Boschi, responsabile in segreteria per le riforme, dice che il Pd è assolutamente compatto sul fronte della costituzionalità della legge. Anche Gianni Cuperlo, che pure dice di essere meno tranquillo, è del parere che il Pd darà una prova di unità. Ma il passaggio è delicato, come lo è del resto ogni voto segreto. Perché dietro l’anonimato si possono sommare vera opposizione, mal di pancia e vecchi rancori. Per cui al Pd hanno iniziato a fare un po’ di conti con molti contatti informali soprattutto con Gennaro Migliore di Sel.
Ieri pomeriggio, poi, il segretario Matteo Renzi, con il ministro Graziano Delrio, ha ricevuto al Nazareno una delegazione dei Popolari composta da Lorenzo Dellai e da Gregorio Gitti, che hanno presentato una delle quattro pregiudiziali di costituzionalità. I 20 deputati che, con l’ex ministro Mario Mauro, hanno lasciato la casa madre di Scelta civica possono infatti fare la differenza: il loro apporto può abbassare (o alzare) di 40 voti il «quorum» di quanti sognano di dare il colpo di grazia alla legge elettorale: sommati, ai potenziali malpancisti presenti nel Pd e in Forza Italia potrebbero creare seri problemi all’asse Renzi-Berlusconi.
Più agevole, per i sostenitori della legge, aggirare l’eventuale voto palese sul ritorno del testo in commissione: quasi tutti i piccoli partiti hanno lamentato l’irregolarità della votazione in commissione Affari costituzionali sul testo base. Il voto, chiesto dal presidente Francesco Paolo Sisto in mezzo a una baraonda indescrivibile scatenata dai grillini, è durato una decina di secondi e i deputati dei gruppi minori (Fratelli d’Italia, Lega, Sel, Popolari, Centro democratico) ma anche Antonio Leone (Ncd) sostengono che l’operazione vada ripetuta perché è da ritenersi non valida. Per Pino Pisicchio (Centro democratico) «in commissione non si è potuto discutere un solo emendamento di questa legge che vampirizza i piccoli partiti».
I «piccoli», così, ora si sentono un po’ orfani della minoranza del Pd che avevano già immaginato come massa di manovra per scardinare l’asse Renzi-Berlusconi. Ieri sera i deputati democratici hanno ripresentato la trentina di emendamenti che erano stati ritirati in commissione. Ci sono anche quelli di Rosy Bindi sulle preferenze, quelli di Marco Meloni sulle primarie regolate per legge, quelli di Giuseppe Lauricella mirati a subordinare l’entrata in vigore della legge elettorale alla riforma del Senato. C’è grande fermento nel Pd per modificare il testo della legge, eppure lo stesso Alfredo D’Attorre (bersaniano) ha accettato un percorso che prevede una sintesi accettata poi da tutto il gruppo.
In realtà, nel Pd c’è ancora tempo per ragionare. Il termine per la presentazione degli emendamenti è scaduto ieri alle 19 ma di fatto resterà aperto ancora una settimana perché i primi voti di merito sul testo potrebbero esserci addirittura martedì 11 febbraio (causa sorpasso nell’ordine del giorno del decreto legge sulla terra dei fuochi). E questo slittamento non dispiace a Renzi che punta a un raffreddamento degli animi anche perché ancora ieri il segretario ha dovuto tenere a bada un altro fronte, quello di un possibile rimpasto di governo: «Io resto fuori da questi giochini da prima Repubblica. Queste cose le decide Letta».
Come da calendario, concordato da Renzi e da Berlusconi, ora tocca al Senato fare la sua parte sulla strada delle riforme. Ieri i senatori del Pd guidati da Luigi Zanda hanno tenuto al prima delle tre riunioni previste in modo da arrivare entro il 15 febbraio alla formulazione del testo di un ddl costituzionale per lo scardinamento del bicameralismo paritario e la cancellazione del Senato. Quanto durerà il percorso (quattro letture) di revisione costituzionale? «Non so dirlo, ma spero proprio che arrivi prima la legge elettorale», risponde la responsabile del Pd per le Riforme Maria Elena Boschi.


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