Alla Consulta Letta copre Giovanardi

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Come si sa, la sud­detta legge è stata appro­vata, nel feb­braio 2006, inse­rendo nel decreto-legge sulle Olim­piadi inver­nali di Torino, una riforma repres­siva del vec­chio testo unico sugli stu­pe­fa­centi. Si tratta dello stra­vol­gi­mento delle pro­ce­dure par­la­men­tari, che in altre occa­sioni la Con­sulta ha ripe­tu­ta­mente boc­ciato, come ha recen­te­mente ricor­dato anche il pre­si­dente Napo­li­tano a pro­po­sito del cosid­detto decreto salva-Roma, che il governo è stato costretto a ritirare.

La que­stione è, dun­que, pale­se­mente fon­data e la Corte costi­tu­zio­nale, se resterà fedele alla sua con­so­li­data giu­ri­spru­denza, non potrà fare a meno di can­cel­lare que­sta legge ille­git­tima e ingiusta.

È scon­cer­tante, per­ciò, che il Pre­si­dente del Con­si­glio, per il tra­mite dell’Avvocatura dello Stato, si sia costi­tuito in giu­di­zio per chie­dere alla Con­sulta di riget­tare la questione.

Sul piano poli­tico è scon­cer­tante che Enrico Letta chieda di sal­vare una legge che, nel corso del dibat­tito par­la­men­tare sulla sua appro­va­zione, fu defi­nita dallo schie­ra­mento poli­tico al quale appar­te­neva e ancora appar­tiene, una «ver­go­gna isti­tu­zio­nale», che ha segnato «il cul­mine della vol­ga­rità isti­tu­zio­nale e del disprezzo del Parlamento».

Oggi, dopo otto anni di spe­ri­men­tata ini­quità della Fini Gio­va­nardi, il Pre­si­dente del Con­si­glio non esita a tes­serne l’elogio, affer­mando che lo spie­tato ina­spri­mento del trat­ta­mento penale della can­na­bis risponde «ad una esi­genza di straor­di­na­ria urgenza e neces­sità di disci­pli­nare una mate­ria rite­nuta di fon­da­men­tale impor­tanza ai fini della tutela della salute indi­vi­duale e col­let­tiva, non­ché ai fini della sal­va­guar­dia della sicu­rezza pub­blica, attra­verso il rigo­roso e fermo con­tra­sto al traf­fico ed allo spac­cio degli stupefacenti».

Sono gli stessi toni e gli stessi vieti fan­ta­smi evo­cati dalla peg­giore pro­pa­ganda della destra repres­siva. Duole, sul piano poli­tico, che il Pre­si­dente del Con­si­glio li fac­cia pro­pri al cospetto della Corte costituzionale.

Non meno scon­cer­tante è la sba­lor­di­tiva pochezza degli argo­menti giu­ri­dici, il prin­ci­pale dei quali è il seguente: la que­stione va dichia­rata inam­mis­si­bile per­ché la Cas­sa­zione non ha con­si­de­rato che la pena inflitta all’imputato – accu­sato del tra­sporto di circa quat­tro chili di hashish – avrebbe potuto essere dimi­nuita appli­cando l’attenuante del «fatto di lieve entità», senza biso­gno di sco­mo­dare la Consulta.

Ebbene, tutti sanno che la Cas­sa­zione non può appli­care atte­nuanti, ma solo con­trol­lare – come pun­tual­mente ha fatto nel nostro caso – se i giu­dici di merito le hanno negate legit­ti­ma­mente. L’Avvocatura dello Stato, che rap­pre­senta il Pre­si­dente del Con­si­glio in carica, non dovrebbe igno­rarlo, così come non dovrebbe igno­rare che le nostre galere sono piene di migliaia di dete­nuti, cui l’attenuante viene negata dai nostri tri­bu­nali per la deten­zione di quan­ti­ta­tivi di can­na­bis infe­riore anche cento volte a quello che ha indotto la Cas­sa­zione ad inviare il pro­cesso alla Consulta.

In con­clu­sione, l’intervento del Pre­si­dente del Con­si­glio a difesa della Fini Gio­va­nardi è un atto poli­ti­ca­mente e giu­ri­di­ca­mente insen­sato. Fino all’11 feb­braio c’è tempo per un atto di resi­pi­scenza. Non sarebbe male se quella parte della sini­stra che den­tro e fuori del Par­la­mento si mostra sen­si­bile al tema facesse sen­tire la pro­pria voce.


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