Bocche cucite e rifiuto del cibo Nuova protesta al Cie di Roma

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ROMA — Usare lo stesso ferro per tutte quelle labbra «non è una buona idea», diceva Adiel infilandosi nella fila di chi aspettava di cucirsi: ma quelli niente, sabato sera sono andati avanti a trafiggersi, a chiudersi la bocca con lo spago colorato, e a passarsi l’ago insanguinato.
Quando al Cie di Ponte Galeria arriva il senatore pd Luigi Manconi, in questa assolata e gelida domenica mattina, quei tredici con la bocca cucita sono attorno a un tavolo all’esterno, con le sbarre che circondano l’area, tutta, e poco più in là il niente, la campagna, un’ombra di mare. Al di là dell’ingresso, in una stanza che s’affaccia sul corridoio delle camerate, ci sono Alia e Alì, sposi tunisini fuggiti dai fratelli di lei, salafiti: hanno preso il mare e sono arrivati a Lampedusa, poi li hanno portati in questa struttura di cemento e ferro, materassi in terra, piccole torri di rotoli di carta igienica, le donne a destra e gli uomini a sinistra, divisi; i due sposi, come tutti qui dentro, aspettano di capire quale destino li attende: ed è un’attesa vuota, «neanche i libri possono entrare, neanche le penne», e così non c’è neanche un’attività, niente da fare, mai, «era meglio morire in mare — dicono — era meglio non nascere».
Quei tredici con le labbra cucite sono marocchini, tutti o quasi della camerata A2, insieme ad altri venti sono in sciopero della fame: una parte, più della metà, a Natale s’era già chiusa la bocca in quel modo, «ma da allora non è cambiato niente e invece dal Cie di Caltanissetta alcuni sono usciti (hanno avuto il foglio di via, ndr ) e noi stiamo qui ad aspettare, bene, ma quanto tempo ci vuole?». «Tanto, troppo — spiega Manconi —: statisticamente, ogni 100 persone 39 vengono espulse nei primi 45 giorni, la maggior parte degli altri rimane per tutto il tempo, cioè i 18 mesi previsti dalla legge, il cui unico effetto è quello di infliggere una pena mai comminata da alcun tribunale. Intervenga il Parlamento, basta una legge». Che ci sia un’emergenza lo testimonia pure la circolare del ministero dell’Interno, inviata ai prefetti: «Massicci sbarchi di cittadini stranieri che nel 2013 si sono più che triplicati rispetto all’anno precedente, raggiungendo un numero totale di 43 mila arrivi». Le strutture non bastano, ne servono altre perché già da adesso «in Sicilia, Puglia e in altre regioni» altri posti sono stati attivati «in considerazione dell’avvenuta saturazione dei centri». E così si chiede ai prefetti di trovare strutture, «preferibilmente non alberghiere».
Le reazioni politiche quasi non si contano. Il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini: «Esauriti tempo e soldi, rimandiamoli a casa loro». Khalid Chaouki, deputato del Pd: «Gli animali sono trattati meglio. Ne va dell’immagine dell’Italia ma il ministero dell’Interno nega il problema Cie, non si assume la responsabilità davanti alla tortura psicologica, alle strutture inadeguate, al tempo di permanenza indefinito. Se a queste persone dovesse succedere qualcosa di grave la responsabilità sarebbe di Alfano. Faccio appello al prefetto, e chiedo al sindaco di far sentire la sua voce». Il garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni: «La politica ha tempi lenti, diversi da quelli di chi è rinchiuso nei Cie, luoghi senza dignità». Il vicesindaco di Roma, Luigi Nieri, Sel: «Vergogna indegna del Paese». A sera, il direttore del Cie Vincenzo Lutrelli ha la voce stanca: «Abbiamo uno staff medico che li segue, la protesta è legata all’incertezza dei tempi di permanenza: alcuni hanno saputo di immigrati mandati via dal Cie di Caltanissetta e hanno ricominciato a cucirsi, come a Natale». Per la Cgil «da allora non è stato fatto nulla, è una vergogna».


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