Che fine ha fatto Assange? Eroe solitario (e scaricato)

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LONDRA — Ha messo in subbuglio le diplomazie mondiali pubblicando quella mole infinita di documenti segreti del Dipartimento di Stato americano. Uno scandalo internazionale non ancora ricucito. È stato un eroe della libertà di stampa, un eroe del giornalismo controcorrente e d’inchiesta. D’accordo: ma che fine ha fatto Julian Assange?
Da 18 mesi il fondatore di WikiLeaks è rinchiuso in una stanzetta dell’ambasciata ecuadoriana nella zona di Knightsbridge a Londra. Nel giugno del 2012, sfuggendo all’estradizione verso la Svezia dove lo aspetta un processo per violenza sessuale su due donne (che lui ha sempre negato), chiese ospitalità alla rappresentanza di Quito e la ottenne. Fece una breve apparizione da una finestra per sfidare le autorità britanniche. «Non mi consegno perché è una trappola per poi darmi in pasto agli americani». Poi il silenzio o quasi. Dunque: chi si ricorda più di Julian Assange?
Il fronte degli amici si è un po’ sfarinato. Gli è rimasto il regista Ken Loach ma ha lasciato per strada Jemima Khan, giornalista e scrittrice di successo, l’ex fidanzata di Hugh Grant, quarantenne milionaria e «pasionaria» che per il quarantaduenne australiano capace di imbarazzare le feluche e i servizi segreti americani ha speso soldi e parole. Non le è andato giù che Julian Assange si sia sottratto alla giustizia svedese. «Avrebbe dovuto rispondere in tribunale e difendersi dalle accuse di violenza sessuale». Ha preferito prendere un’altra strada e allora addio: Jemima Khan non lo segue più. «Non mi pento di averlo appoggiato, solo che avrei preferito un epilogo diverso».
Non che la defezione di Jemima Khan significhi chissà che cosa. In fin dei conti la rete di protezione di Julian Assange resta di prim’ordine: qualche tempo fa, sull’onda della grancassa mediatica, gli hanno reso onore e visita nel lussuoso «carcere» ecuadoriano (l’ambasciata a due passi da Harrods) Lady Gaga, Yoko Ono, la stilista Vivienne Westwood e l’attore John Cusack. Ma il problema è che l’eroe non è più eroe. Settimana dopo settimana se lo sono dimenticati lì dentro. Tutti se lo sono dimenticati, tranne i poliziotti di Scotland Yard che stazionano 24 ore su 24 temendo la sua fuga in parrucca. Per loro il caso resta apertissimo.
Julian Assange è in isolamento. Se si muove è spacciato. Londra se l’è legata al dito: o esce e fila in Svezia oppure, se non si trovano accordi, può pure restare per sempre in questa «cella» molto particolare, una stanzetta (sistematagli dalla rappresentanza dell’Ecuador) con letto, scrivania, computer, un tapis roulant (regalato da Ken Loach) su cui percorre 5 o 6 chilometri al giorno, una lampada solare e il televisore sempre acceso e sintonizzato sui programmi australiani. Gli portano pranzi dietetici e ogni tanto take away di sushi, si mantiene con la retribuzione che gli passa la sua organizzazione.
Vita difficile per l’eccentrico, enigmatico, non simpatico ma coraggioso attivista e partigiano della libera stampa che ha provato a candidarsi senza successo al Senato australiano. Ogni tanto un’intervista, l’ultima alla Bbc per telefono, però piccole cose rispetto ai titoloni di un paio di anni fa. Aveva alle spalle schiere di fan e di militanti. Oggi lo circonda il silenzio. Le prime pagine se l’è conquistate Edward Snowden, l’ex spia che ha svelato le intromissioni elettroniche dell’intelligence statunitense nelle segreterie dei governi amici. A lui, tutto sommato, è andata meglio che a Julian Assange. Il quale, eroe o non eroe, è ibernato in una catacomba diplomatica. Non è che sia un penitenziario. Ma è dura lo stesso uscire dal palcoscenico. E forse ha ragione il Daily Mail a chiedersi: darà i numeri?


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