Insegnanti, il governo restituisce i 150 euro

by Sergio Segio | 9 Gennaio 2014 7:39

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ROMA – Salvi gli stipendi di gennaio degli insegnanti e degli ausiliari scolastici: non sarà effettuato nessun prelievo di 150 euro, come prevedeva una nota del ministero delle Finanze diramata il 27 dicembre 2013, in esecuzione di un decreto approvato a ottobre. Ma la vicenda lascia pesanti strascichi politici, e sullo sfondo uno spiacevole scaricabarile tra due ministri del governo Letta.
A sbloccare il «pasticcio» del prelievo dei soldi ricevuti «ingiustamente» dai dipendenti delle scuole per gli scatti di anzianità è stato Palazzo Chigi, che ieri mattina, al termine di una riunione tra il presidente del Consiglio, Enrico Letta, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni e il ministro dell’Istruzione Maria Chiara Carrozza, ha annunciato: «Gli insegnanti non dovranno restituire i 150 euro percepiti nel 2013 derivanti dalla questione del blocco degli scatti». In realtà non si trattava solo di 150 euro lordi: la cifra, secondo calcoli dello stesso ministero delle Finanze (Mef), si aggirava intorno ai 700 euro lordi per dipendente, che in base al decreto avrebbero dovuto essere restituiti in tranche da 150 euro lordi al mese, fino alla compensazione del debito. La vicenda riguarda un numero che va dai 43 mila ai 45 mila dipendenti, tra Ata (personale tecnico e amministrativo) e docenti, che nel 2013 si erano finalmente, dopo tre anni di blocco degli scatti di anzianità, visti riconoscere l’aumento in busta paga, anche se con ritardo (lo scatto era partito da aprile 2013). Per capire quanto sia importante per un insegnante lo scatto, basti pensare che tra un docente di scuola media con un’anzianità di servizio inferiore agli 8 anni lo stipendio lordo annuale (senza considerare la tredicesima) è di poco meno di 25 mila euro. Una cifra che cresce di 12 mila euro per un docente della stessa categoria con oltre 35 anni di servizio. Ma l’aumento anche stavolta non era dovuto: per effetto del blocco deciso in autunno, quei soldi venivano considerati «ingiustamente» elargiti e quindi richiesti indietro. La nota ministeriale è passata sotto silenzio per qualche giorno, complici le feste natalizie, per poi scoppiare come una bolla al rientro dalle vacanze, quando il ministro Maria Chiara Carrozza, sollecitato dalle polemiche dei sindacati, ha chiesto ufficialmente a Saccomanni di fare un passo indietro.
A quel punto il caso è diventato tutto politico, con le richieste trasversali — da Matteo Renzi ad Angelino Alfano — di sanare la situazione per evitare «figuracce». Dopo qualche ora, il dietrofront, con il segretario del Pd che commenta caustico: «Il governo ci ha messo una pezza — scrive Renzi— Ma era già accaduto con le slot machines, gli affitti d’oro, le polemiche dell’Anci: basta figuracce gratis». Cauti i sindacati, che avevano paventato lo sciopero generale: «Bisogna indagare su cosa c’era dietro, se sciatteria di Saccomanni o una polpetta avvelenata», si chiede il segretario Cisl Raffaele Bonanni. «Mi sembra una decisione inevitabile», si limita il segretario della Cgil Susanna Camusso. «Ora seguano gli atti», avverte la Gilda degli insegnanti. «Verificheremo che non ci siano sorprese dovute a cattiva burocrazia», scrive Massimo di Menna (Uil).
E i ministri responsabili della faccenda non ne escono fuori a testa alta. Anche se Saccomanni parla di «capitolo chiuso» e la Carrozza di «crisi superata», le reciproche accuse non sono state sussurrate. Il Mef ha diramato ieri pomeriggio un comunicato ufficiale per chiarire di essere «mero esecutore dei pagamenti delle retribuzioni del personale scolastico», specificando che il Miur (il dicastero dell’Istruzione) era a conoscenza fin dall’8 dicembre di quanto sarebbe accaduto. La Carrozza ha a sua volta scaricato lo scaricabarile: «Tra Natale e Capodanno sono stati presi questi provvedimenti per inerzia amministrativa senza comunicare ai ministri competenti cosa stava accadendo. La filiera tra la decisione politica e l’attuazione deve essere corta, serve una gestione più snella».
Ora bisognerà affrontare il problema delle coperture anno per anno, anche dal punto di vista legislativo. Mentre un’altra nuvola si addensa all’orizzonte: secondo i sindacati 8 mila ausiliari della scuola dovrebbero restituire, in base a una circolare del ministero dell’Istruzione, gli aumenti contrattuali legati alla professionalità (per cifre da un minimo di 600 ad un massimo di 1.800 euro all’anno) percepiti nel 2011: sarebbero in contrasto col blocco dei salari.
Valentina Santarpia

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