“Italia in ritardo sulla banda larga”

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MILANO — Se tutto va bene e gli impegni degli operatori verranno confermati, da qui a tre anni almeno un italiano su due potrebbe essere raggiunto dalla banda larga di nuova generazione. Recuperando, almeno in parte, il ritardo infrastrutturale con le altre nazioni europee. Ma se così non fosse, il governo è pronto a premere «il pulsante rosso della bomba atomica rappresentato dallo scorporo della rete».
Nei giorni decisivi sul futuro proprietario di Telecom Italia, il presidente del Consiglio Enrico Letta ha voluto ricordare che il tema tlc in Italia non riguarda solo l’ambito finanziario. La sua posizione è nota. Non è preoccupato tanto che la prima società del settore del nostro Paese possa finire sotto il controllo degli spagnoli di Telefonica, quanto che l’Italia rimanga ancora a lungo fanalino di coda. Per esempio, per la velocità di connessione: il nostro Paese è l’unico fermo al di sotto dei 20 Mpbs, e assieme alla Turchia è l’unica tra le nazioni del Vecchio Continente ad avere un tasso di penetrazione della banda larga inferiore al 50 per cento.
Così, alla presentazione del rapporto redatto dal gruppo di lavoro del commissario per l’Agenda digitale Francesco Caio, il presidente del Consiglio è tornato a minacciare lo scorporo della rete. Ma soltanto come «estrema ratio». Dando credito agli operatori che hanno assicurato manterranno gli impegni presi.
Da parte sua Francesco Caio, ex manager di Indesit in Italia e Cable&Wireless in Inghilterra, ha confermato i passi avanti compiuti «dalla seconda metà dell’anno scorso nella ripresa degli investimenti per la banda larga». Ha auspicato che ci sia «un continuo controllo da parte dell’AgCom del piano lavori». E ha fatto il punto sui ritardi del nostro Paese. Una parte dei quali non potranno che essere superati facendo ricorso alle risorse pubbliche. In particolare, ai fondi infrastrutturali europei visto che «gli operatori si concentrano soprattutto nelle grandi aree metropolitane, come avviene in tutto il mondo».
Il “commissario” Caio ha puntualizzato come «non ci siano ancora piani operativi di dettaglio » per superare il 50 per cento della copertura a 30 megabit, anche se alcuni gestori hanno progetti preliminari per raggiungere il 70% al 2020». Riguardo all’ulteriore obiettivo stabilito dall’Unione europea, «i piani degli operatori al momento non prevedono servizi a 100 megabit». Qualora saranno realizzati i piani di investimento che portano la fibra fino agli armadietti, «è ragionevole ipotizzare che nelle aree a più alta densità la banda disponibile possa raggiungere i 60-70 megabit al secondo».
L’ad di Telecom Marco Patuano, società che rischia lo scorporo della rete, ha definito il rapporto «un’occasione importante » e ha convenuto che «gli interventi pubblici saranno determinanti per risolvere la problematica della connettività nelle aree a fallimento di mercato, non coperte dai piani degli operatori privati». Gli industriali del settore tlc, riunito nella sigla Asstel, hanno chiesto di «rimuovere tutti gli ostacoli di natura normativa che ancora si frappongono alle opere». Sarebbe il colmo avere i fondi ma non poterli usare.


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