La Fiom non fa passi indietro: “Tutta la Cgil voti il Testo unico”

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Baste­rebbe sospen­dere il con­gresso per non più di venti giorni, e in que­sto periodo fare la con­sul­ta­zione. Ci hanno detto che non è pos­si­bile. Invece io penso che si debba con­ti­nuare a chie­derlo”. Mau­ri­zio Lan­dini chiama ancora all’azione una Fiom che in Toscana, a giu­di­care dai ripe­tuti applausi corali, non si tira indie­tro. Per­ché al di là dei giu­dizi dei diri­genti e dello stesso Diret­tivo della Cgil, il Testo unico sulla rap­pre­sen­tanza deve essere discusso, valu­tato e votato da tutti gli iscritti al sin­da­cato. “Ci dicono che è solo un rego­la­mento attua­tivo – spiega nella grande e stra­colma Casa del popolo di San Bar­tolo a Cin­toia — e quindi non c’è biso­gno di con­sul­ta­zione. Ma non è così: è un nuovo accordo, non per caso è stato chia­mato ‘Testo unico’, che vin­cola tutti i fir­ma­tari e can­cella il diritto di esi­stere a chi non lo firma. Per que­sto, come scritto nello Sta­tuto della Cgil, deve essere sot­to­po­sto al voto dei lavoratori”.

Nel giro d’Italia che sta impe­gnando il segre­ta­rio gene­rale, all’ordine del giorno delle assem­blee di qua­dri e dele­gati metal­mec­ca­nici c’è il “con­tri­buto pro­gram­ma­tico” della Fiom per il con­gresso Cgil. Ma l’appuntamento fio­ren­tino, che ha richia­mato 500 tute blu dai vari angoli della regione, si tra­sforma subito in una discus­sione per appro­fon­dire, e poi con­te­stare, il Testo unico sulla rap­pre­sen­tanza. Con una omo­ge­neità di pareri che in Toscana, dove l’ala “rifor­mi­sta” della Fiom è forte, appare un’assoluta novità.

Aggra­vata dall’ormai sto­rica assenza di poli­ti­che indu­striali nazio­nali, la crisi porta i dele­gati a rac­con­tare i pro­blemi delle loro fab­bri­che. Si va dalla Breda di Pistoia alla Pirelli di Figline, dalle Accia­ie­rie di Piom­bino alla Tar­getti di Firenze, dalla Shel­box di Castel­fio­ren­tino agli sta­bi­li­menti già chiusi o in crisi aperta sulla costa apuana e livor­nese. Con le con­se­guenti, natu­rali dif­fi­coltà nell’affrontare certi temi con com­pa­gni di lavoro appesi al filo di con­tratti di soli­da­rietà, casse inte­gra­zioni a rota­zione e per­fino mobi­lità pre­senti e future.

Eppure non uno rinun­cia a dire la sua sul Testo unico: “Già era dif­fi­cile con­vin­cere a impe­gnarsi – ricorda un dele­gato – ora con le san­zioni sarà impos­si­bile”. A ruota: “Si firma come fanno Cisl e Uil, senza discu­tere con nes­suno”. E Mar­cello Corti, ex segre­ta­rio della Fiom fio­ren­tina: “Non esi­ste fare un pas­sag­gio del genere senza il con­fronto fra i lavo­ra­tori”. Anche per­ché nel Testo unico se ne sco­prono sem­pre di nuove. Come l’eliminazione delle strut­ture ter­ri­to­riali nella firma degli accordi nelle sin­gole fab­bri­che. Con la con­se­guenza che una Rsu, di fronte alla minac­cia di una delo­ca­liz­za­zione, può fir­mare accordi in deroga allo stesso con­tratto nazionale.

Al ter­mine Lan­dini tira le fila: “Se passa la logica alla base del Testo unico, si modi­fica la natura stessa del sin­da­cato. Negli accordi del giu­gno 2011 e del mag­gio scorso non ci sono le san­zioni, non c’è l’arbitrato inter­con­fe­de­rale, non ci sono le limi­ta­zioni dell’attività sin­da­cale. Così si viola l’autonomia nego­ziale delle cate­go­rie. Invito a leg­gere il docu­mento Cgil che spiega per­ché nel 2009 il sin­da­cato non firmò l’accordo con Cisl e Uil: io sono ancora lì, qual­cuno mi deve spie­gare per­ché ha cam­biato idea. E ancora non so cosa ne pen­sano alcune cate­go­rie, so solo cosa pen­sano alcuni segre­tari gene­rali”. Alla richie­sta del voto dei tes­se­rati Cgil per appro­vare o meno il Testo unico, si accom­pa­gna un’azione paral­lela: “Alle assem­blee si votino emen­da­menti per chie­dere il ritiro della firma sul Testo unico e la con­sul­ta­zione degli iscritti. Per­ché già si dice che sarà por­tato al con­gresso, senza che sia pre­vi­sto dal rego­la­mento, per votarlo solo lì. Una furbata”.


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