Le armi chimiche a Gioia Tauro I sindaci calabresi guidano la rivolta

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GIOIA TAURO (Reggio Calabria) — «Nulla. Nessuno ci ha detto nulla. Discariche, inceneritori, armi chimiche, portano tutto qui». C’è un tramonto rosa sul porto di Gioia Tauro, la destinazione tenuta segreta fino a ieri, per il trasbordo delle armi chimiche siriane dalla naveArk Futura a quella statunitense Cape Ray . Ma gli animi dei sindaci della piana sono rosso fuoco. La nave dovrebbe arrivare questa sera. E ad attendere sul porto non troverà gonfaloni e saluti di benvenuto. «C’è il panico tra la popolazione. Cosa facciamo se succede qualcosa?», ripete il sindaco pd di Gioia Tauro, Renato Bellofiore, deluso dal «tradimento» del suo governo. E assieme ai sindaci dei paesi vicini minaccia battaglia.
Ha un bel dire a Roma il ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, assieme al ministro degli Esteri, Emma Bonino, che il porto di Gioia Tauro è stato scelto perché «è un’eccellenza in questo campo». E ha tutte le tecnologie necessarie all’operazione. «Ma manco l’ospedale con strutture idonee abbiamo qui» protesta il sindaco di Gioia Tauro. «Se succede qualcosa la gente ci viene a prendere con i forconi», aggiunge quello di San Ferdinando, paesino limitrofo, minacciando la chiusura del porto. E il presidente della Regione, Giuseppe Scopelliti: «È vero che la Calabria può offrire un contributo per la pace nel mondo, ma è anche vero che così facendo si rischia di portare alla guerra civile un territorio».
A Roma non ci danno molto peso. «Gioia Tauro non chiude, ma come fa a chiudere?», rassicura il ministro Lupi. Del resto, spiega, «se bisogna chiudere questa volta occorre farlo per le operazioni analoghe che vi si svolgono tutto l’anno». Nel 2012-2013, evidenzia il titolare dei Trasporti, nel porto calabrese sono stati trattati 3 mila container contenenti materiali della stessa categoria di pericolosità dei componenti chimici siriani. «Anche in questo preciso momento a Gioia Tauro si sta lavorando su materiali chimici».
Dello stesso parere il ministro degli esteri Emma Bonino che ha spiegato come tra i motivi della scelta sia stata tenuta in considerazione anche la facile gestione del dissenso. Gioia Tauro non è tradizionalmente terra di proteste stile No Tav. «Questa è la cosa che ci fa ancora più innervosire» protestava ieri il sindaco di Rosarno, in allarme. Così mentre anche l’Inghilterra entra nell’operazione, che già coinvolge Cina e Russia nel pattugliamento di sicurezza di accompagnamento dalla Siria a Gioia Tauro, oltre agli Stati Uniti, che forniscono la nave sulla quale saranno trasbordate le armi chimiche, le minuscole comunità calabresi entrano in guerra. Del resto da queste parti ci si è abituati a dover fare i conti con una realtà ben diversa da quella che si immaginava a Roma. Costruito negli anni Settanta per servire il quinto polo siderurgico mondiale, il porto di Gioia Tauro divenne ben presto il simbolo del fallimento delle politiche di industrializzazione del Sud perché quel centro siderurgico non venne mai realizzato. Nel frattempo però erano già stati espropriati migliaia di ettari di terreno, agrumeti ed uliveti, e la zona, alla fine, risultò desertificata. E a Gioia Tauro rimasero tre chilometri e mezzo di banchine inutilizzate che furono teatro di traffici della criminalità. Difficile da qui seguire le ragioni della pace internazionale.
Il Movimento 5 Stelle invita i ministri Lupi e Bonino a venire qui. «La decisione di far transitare nel porto di Gioia Tauro imbarcazioni prive del doppio scafo cariche di armi chimiche siriane è irresponsabile. Il porto calabrese è del tutto impreparato ad accogliere quel materiale micidiale. E le pietose bugie del ministro Lupi mostrano che i cittadini vengono trattati da poveri ignoranti». Pier Ferdinando Casini invita a non fare allarmismi. Ma il sindaco di San Sebastiano grida: «A ciascuno il proprio mestiere, ministri e politici rappresentano le istituzioni, io la mia comunità. E intendo difenderla».
Virginia Piccolillo


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