Nel mare Egeo il primo tragico naufragio del 2014

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Il ministro della Marina nega ma l’Unhcr chiede all’Europa di indagare sulla pratica illegale dei respingimenti collettivi

Due morti, una donna e un bam­bino, e altre dieci per­sone disperse, pro­ba­bil­mente anne­gate: altre due donne, altri otto bam­bini. Del primo dram­ma­tico nau­fra­gio del 2014 nel mar medi­ter­ra­neo que­sta volta dovrà ver­go­gnarsi il governo greco. Se venis­sero con­fer­mate le testi­mo­nianze dei soprav­vis­suti sbar­cati nell’isola di Leros, si trat­te­rebbe di un “inci­dente” molto imba­raz­zante per la guar­dia costiera greca, piut­to­sto cono­sciuta per i suoi metodi poco orto­dossi quando si tratta di respin­gere i migranti.

Il nau­fra­gio è avve­nuto sei giorni fa al largo dell’isola greca di Far­ma­ko­nisi. La scarna cro­naca uffi­ciale — che non ha avuto grande eco nono­stante l’unanime coster­na­zione delle auto­rità euro­pee “shoc­kate” per la tra­ge­dia di Lam­pe­dusa dello scorso otto­bre — rac­conta di una barca da pesca con a bordo 28 per­sone che prima si è ribal­tata e poi è affon­data (25 afghani e 3 siriani, dif­fi­cile non con­si­de­rarli pro­fu­ghi). Secondo l’autorità por­tuale greca la barca è stata sco­perta dalla Guar­dia costiera e durante le ope­ra­zioni di sal­va­tag­gio si è rove­sciata per­ché i migranti si sareb­bero ammas­sati su un lato della barca. Ma una ver­sione più ricca di par­ti­co­lari è stata rac­colta da una squa­dra dell’Unhcr che ha visi­tato i super­stiti. “Secondo i soprav­vis­suti — si legge in una nota — la nave della Guar­dia costiera stava trai­nando la barca a gran velo­cità verso la costa turca quando è acca­duto il tra­gico inci­dente in mezzo al mare agitato”.

Un’accusa pesan­tis­sima che ha costretto il mini­stro della Marina greca, Mil­tia­des Var­vi­tsio­tis, a smen­tire la rico­stru­zione dei soprav­vis­suti, che intanto ogni giorno si fa sem­pre più cir­co­stan­ziata. “Ci hanno col­pito e hanno ten­tato di respin­gerci verso la Tur­chia — ha rac­con­tato un uomo che ha perso moglie e quat­tro figli — ci è stato per­messo di salire a bordo della nave della guar­dia costiera solo quando si sono resi conto che non avremmo lasciato la presa e che un’imbarcazione turca si stava avvi­ci­nando”. La testi­mo­nianza sem­bra con­fer­mare ciò che una Ong tede­sca già nel 2007 aveva defi­nito “una prassi” del governo greco, la stessa con­clu­sione cui è giunto un arti­co­lato rap­porto di Amne­sty Inter­na­tio­nal pub­bli­cato la scorsa estate. Titolo: “Fron­tiera Europa: vio­la­zioni dei diritti umani al con­fine della Gre­cia con la Turchia”.

Per l’Asgi, “se que­sta dina­mica dei fatti verrà con­fer­mata ci tro­ve­remmo di fronte a un respin­gi­mento col­let­tivo di rifu­giati tas­sa­ti­va­mente vie­tato dal diritto inter­na­zio­nale ed euro­peo”. La stessa vio­la­zione per cui l’Italia venne con­dan­nata dalla Corte euro­pea nel 2010 per i respin­gi­menti cri­mi­nali verso la Libia del colon­nello Ghed­dafi. Quest’ultimo nau­fra­gio dice che gli sbar­chi con­ti­nuano anche in inverno e che con la pri­ma­vera rico­min­ce­ranno ad essere all’ordine del giorno in tutto il medi­ter­ra­neo. C’è solo un modo razio­nale per evi­tare que­ste tra­ge­die, ma in attesa della pros­sima, magari con altri cada­veri anne­gati al largo di Lam­pe­dusa, nes­suno se la sente più di spre­care fiato invo­cando la crea­zione di canali di migra­zione legali. L’Europa ha deciso diversamente.


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