Ricca, operaia, inerte e disagiata ecco l’Italia frantumata dalla crisi

by Sergio Segio | 17 Gennaio 2014 10:29

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ROMA — Un tasso di disoccupazione al 7,8%, 27,6% per quella giovanile, una capacità forte di attirare stranieri, 98 per ogni 1000 residenti. Una quota di imprese innovatrici del 32,7%, con una crescita di addetti nel campo dei servizi ad alta intensità tecnologica del 17% tra il 2009 e il 2012. È un’Italia già fuori dalla crisi, pronta a ripartire, che da Aosta, seguendo una linea discontinua, arriva fino a Siena. Nell’indagine Abi-Censis “Territorio, banca, sviluppo”, viene presentata come l’area «del benessere maturo in metamorfosi». Perché se si va oltre le consuete aggregazioni, Nord-Centro-Sud, il nostro Paese è molto più interessante, più ricco di potenzialità. È quello che l’Abi ha voluto fare con la lente del Censis, da sempre “profeta del territorio”. Anche perché le banche per secoli, ricorda il presidente del Censis Giuseppe De Rita, sono state le più grandi alleate «del localismo, della piccola impresa, della disordinata vitalità dell’economia dei territori».
Un ruolo che le banche italiane, assicura il presidente dell’Abi Antonio Patuelli, vogliono tornare a ricoprire, non certo per rinnegare il percorso di aggregazioni e di internazionalizzazioni compiuto dagli anni ‘90, ma per far ripartire il credito sulle nuove e rigorose basi poste da Basilea 3. L’indagine Abi-Censis vuole essere anche una sfida alla politica: chi governa deve saper «cogliere e assecondare i fenomeni di cambiamento». Senza fermarsi ai luoghi comuni, a cominciare da quello di un Sud arretrato senza speranza: il Censis lo dipinge a tre colori, mostrando aree con forti potenzialità rurali, che vanno da Trapani a Campobasso, passando per la Sardegna, e che a sorpresa mostrano tra il 2010 e il 2012 un incremento dell’export del 16,5%, superiore al tasso di crescita nazionale. Un’Italia dove le imprese agricole per 10.000 residenti sono 291 contro una media nazionale di 135: non è un fattore di arretratezza, è una potenzialità. E c’è poi ancora un altro Mezzogiorno, anche questo promettente, che parte da Taormina, passa per le coste calabresi e arriva a Gaeta, con un tasso di crescita delle imprese dei servizi di alloggio e ristorazione del 12% tra il 2009 e il 2012, contro una media nazionale dell’8,7%. Ma persino nelle aree più arretrate del Paese, il Sud dello “squilibrio socio-economico”, si scopre che le presenze turistiche nei mesi estivi sono cresciute tra il 2006 e il 2011, in controtendenza con il decremento a livello nazionale. L’Italia a otto colori comprende ancora un’area fortemente manifatturiera che va da Cuneo alla fascia adriatica centro-settentrionale, con capacità quasi di “piena occupazione”; una “fascia mediana inerte” che si muove da Nord a Sud, e che presenta un indice di vecchiaia record, al 205,3%; i due poli urbani “ricchi” di Milano e Roma; e infine l’Italia strettamente industriale, prevalentemente Nord-Est, con tassi di tutto rispetto di produzione, export e innovazione.

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