Siria: una guerra civile dentro l’altra

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Il Paese è com­ple­ta­mente distrutto, le reti sociali ed eco­no­mi­che sono in fran­tumi.
Negli ultimi mesi alla bat­ta­glia interna tra oppo­si­zioni e governo, si è aggiunta una grave faida armata inte­stina tra le stesse for­ma­zioni di ribelli, tra islamisti-nazionalisti da una parte e qae­di­sti dall’altra, entrambi sun­niti ma su fronti oppo­sti. Lunedì due auto­bomba sono esplose al con­fine con la Tur­chia, a Bab al-Hawa nella pro­vin­cia di Idlib, lascian­dosi die­tro un bilan­cio di 16 vit­time. A con­trol­lare Bab al-Hawa è il Fronte Isla­mico, for­ma­zione isla­mi­sta nata nei mesi scorsi e oggi in guerra ormai con il sem­pre più potente gruppo qae­di­sta dell’Isil, lo Stato Isla­mico dell’Iraq e del Levante.

Negli ultimi venti giorni oltre mille ribelli sono rima­sti uccisi negli scon­tri inte­stini alle oppo­si­zioni, una guerra civile nella guerra civile che sta per­met­tendo la costante avan­zata dell’esercito gover­na­tivo. A Nord, nelle pro­vince di Aleppo e Idlib, è l’Esercito Libero Siriano – soste­nuto da altre for­ma­zioni isla­mi­ste – a com­bat­tere con­tro l’Isil (lo Stato ilsmaico dell’Iraq e del Levante), accu­sato di fare gli inte­ressi del pre­si­dente Bashar al-Assad.
Nelle regioni set­ten­trio­nali del Paese si assi­ste da set­ti­mane ad un’ampia spac­ca­tura tra gruppi vicini per ideo­lo­gia o per obiet­tivi, ma sem­pre più distanti sul campo di bat­ta­glia. Seb­bene la mag­gior parte dei ribelli sia sun­nita – in oppo­si­zione alla fami­glia Assad, sciita ala­wita – una parte delle oppo­si­zioni resta di natura laica, come l’Esercito Libero Siriano.

Dall’altra il Fronte Al-Nusra e l’Isil — entrambi affi­liati di Al Qaeda — fanno della Sha­ria l’obiettivo finale dello scon­tro anche armato e sono soste­nuti da nume­ro­sis­simi jiha­di­sti stra­nieri. Intorno una galas­sia di sva­riati gruppi minori, laici e islamisti.

Il Fronte al-Nusra, pre­sente in tutto il Paese, con­trolla per lo più il ter­ri­to­rio ad Est ed in par­ti­co­lare Sha­ha­deh e Al-Omar, aree ric­che di petro­lio. L’ISIL, da parte sua, è riu­scito in bre­vis­simo tempo a garan­tirsi il con­trollo di parte del Nord Ovest siriano e di città chiave come Raq­qah e comu­nità nelle pro­vince di Aleppo e Idlib, fino a Lata­kia. A Nord Est un ruolo con­si­stente è gio­cato anche dai mili­ziani curdi, attivi nella pro­vin­cia di Hasa­kah e impe­gnati in scon­tri con­tro i gruppi isla­mi­sti. Sotto il con­trollo curdo è caduta parte della stessa città di Hasa­kah, oltre a diverse comu­nità della provincia.

Gli ultimi mesi hanno però visto un’avanzata con­ti­nua dell’esercito gover­na­tivo verso Nord con la ripresa di Al-Safira, ad Aleppo, di Kha­na­ser, Qara, Nabek e Ariha. Ma la roc­ca­forte del regime di Bashar Assad resta Dama­sco: gruppi di ribelli man­ten­gono il con­trollo di alcuni quar­tieri e peri­fe­rie intorno alla capi­tale ma, gra­zie anche al soste­gno dei mili­ziani di Hez­bol­lah, la capi­tale siriana resta ancora nelle mani del governo.

A Sud il prin­ci­pale fronte di scon­tro armato resta Daraa dove, a pagare il prezzo del con­flitto, sono ancora una volta i civili pale­sti­nesi: ieri sei rifu­giati del campo pro­fu­ghi di Daraa, al con­fine con la Gior­da­nia, sono rima­sti uccisi in una serie di bom­bar­da­menti da parte dell’aviazione gover­na­tiva di Dama­sco. L’esercito siriano è da giorni impe­gnato in com­bat­ti­menti a Sud per con­so­li­dare le pro­prie posi­zioni e sta com­piendo una serie di attac­chi nelle pro­vince di Dama­sco, Homs e Deir Ezzor, ten­tando di appro­fit­tare delle divi­sioni interne alle opposizioni.

Noti­zie dolo­rose che si accom­pa­gnano a quelle altret­tanto dram­ma­ti­che che giun­gono dal campo pro­fu­ghi pale­sti­nese di Yar­mouk, presso Dama­sco, con­trol­lato all’interno dai ribelli dell’Esercito Libero Siriano e asse­diato all’esterno dall’esercito lea­li­sta: dopo mesi di asse­dio, sabato per la prima volta sono entrati aiuti uma­ni­tari per una popo­la­zione ridotta let­te­ral­mente alla fame. Almeno 41 i morti per mal­nu­tri­zione, men­tre il campo si svuo­tava: dei 250mila resi­denti ne restano oggi poco più di 18mila.


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