Svolta nella vicenda Peugeot La famiglia apre ai cinesi e allo Stato

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I dettagli non sono stati ancora definiti, ma la riunione di ieri è servita a scegliere tra le due ipotesi attorno alle quali si era spaccata la famiglia.
Robert Peugeot, 63 anni, presidente della holding FFP che gestisce la partecipazione in PSA, proponeva di rivolgersi al secondo costruttore cinese Dongfeng e allo Stato francese per avere maggiori probabilità di salvare il gruppo in crisi, a costo di perderne il controllo; suo cugino Thierry Peugeot, 56 anni, presidente del consiglio di amministrazione, faceva sbarramento ai cinesi e si batteva per mantenere il dominio della dinastia sull’azienda, puntando sul carisma e la capacità di persuasione del nuovo manager Carlos Tavares per raccogliere investimenti sul mercato. La linea di Robert sembra avere vinto, anche se temperata dall’idea di Thierry di rivolgersi alla Borsa. Secondo il quotidiano economico Les Echos un’ipotesi di riorganizzazione dell’azionariato potrebbe essere la seguente: un primo aumento di capitale di 1,5 miliardi, sottoscritto a parti uguali (750 milioni di euro ciascuno) da Dongfeng e Stato, in modo da arrivare alla soglia del 14 per cento, la stessa per i tre azionisti principali. In seguito, gli altri 1,5 miliardi verrebbero raccolti sul mercato. Avrebbero più o meno la stessa quota Dongfeng, Stato francese e famiglia Peugeot; quest’ultima però avrebbe accettato il principio di perdere la presidenza del consiglio di amministrazione, una svolta storica.
Il nome di cui si parla con più insistenza per sostituire lo sconfitto Thierry Peugeot è a questo punto quello di Louis Gallois, grande manager pubblico, che è già entrato nel consiglio di amministrazione PSA nel dicembre 2012 in cambio della garanzia di sette miliardi offerta dallo Stato alla banca del gruppo PSA Finances. Se l’ingresso dei cinesi è fondamentale dal punto di vista finanziario ma soprattutto industriale (la Cina è il primo mercato automobilistico al mondo, nel 2013 il marchio Citroën ha venduto più auto in Cina che in Francia), i ministri Pierre Moscovici e Arnaud Montebourg hanno cercato di attenuarne le conseguenze politiche assicurando che ciò nonostante «PSA resterà un gruppo francese».
Stefano Montefiori


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