TORNANO GLI OLIGARCHI

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Le nostre democrazie appaiono negli ultimi anni sempre più svuotate. Il governo del popolo vacilla, in balia di forze nascoste che sembrano infischiarsene dei riti elettorali. Ecco allora che, in una situazione del genere, in cui i cittadini sembrano contare sempre meno, sono le oligarchie a riconquistare la scena, negli Stati Uniti come in Europa. È questo l’argomento che farà da filo conduttore al dialogo che si terrà stasera all’Auditorium Parco della Musica tra Gustavo Zagrebelsky e Luciano Canfora, intitolato proprio Democrazia e oligarchie (ore 21, Sala Sinopoli, coordina Nello Preterossi, prezzo 8 euro, ridotto 5). L’incontro è organizzato dagli editori Laterza e da Musica per Roma. La degenerazione oligarchica delle nostre democrazie è al centro da tempo della riflessione dei due studiosi: Luciano Canfora ha affrontato il nodo della crisi democratica nel libro curato da Antonio Carioti Intervista sul potere (Laterza) e Zagrebelsky è tornato più volte sul tema nei suoi numerosi scritti e interventi sulla democrazia, definendo l’oligarchia come il «regime della disuguaglianza e del privilegio». Un elemento emerge tra i tanti: il fatto che dopo due secoli di lotte democratiche, il potere stia di nuovo concentrandosi nelle mani di pochi, non alla vecchia maniera delle teorie elitiste di Robert Michels, ma modellandosi sulle nuove società e sulle nuove lobby finanziarie. Al posto delle formazioni politiche e dei partiti, emergono ora potentati economici legati alle speculazioni dei mercati.
Sono le attuali parole d’ordine della finanza e dell’economia a dettare oggi l’agenda politica. Parole spesso astratte, tecnicismi lontani dagli interessi reali e dal confronto politico parlamentare. Perfino il linguaggio più comune, termini come “Europa”, “sviluppo”, “mercato”, possono svuotarsi del loro significato originario e perdere di efficacia sul piano dell’azione politica.
Se le cose stanno davvero così, se è vero che noi cittadini contiamo sempre meno e che le decisioni vengono prese altrove, che fare? Sarà importante comprendere allora, ascoltando il confronto tra Canfora e Zagrebelsky, quale ruolo possono ritagliarsi oggi gli intellettuali dentro questa crisi di rappresentanza. In occasione di un incontro sullo stesso tema tenutosi lo scorso luglio all’Archiginnasio di Bologna, Zagrebelsky affidava agli intellettuali il ruolo di indagare la natura del mutamento: «Il nostro compito esclusivo è cercare di capire, non di cambiare il mondo».
La democrazia sta perdendo la sua sostanza. In uno scenario di questo genere, che possibilità si aprono per riappropriarsi, come cittadini comuni, del potere di poter contare? È questa la domanda cruciale che sarà al centro del dialogo tra due osservatori d’eccezione che si terrà all’Auditorium. Il confronto tra un giurista e uno storico sui temi cruciali dell’attualità può aiutarci a smascherare i retroscena della politica. Perché se è vero, come diceva Canetti, che la realtà del potere «sta nel nucleo più profondo del segreto», è anche vero che la democrazia non può vivere se non attraverso un rapporto veritiero tra i cittadini e le istituzioni.


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Se ho fiducia nella mia mano che disegna, è perché quando le insegnavo a servirmi mi sono sforzato di non lasciarle mai prendere il sopravvento sul sentimento. Sento benissimo, mentre la mano svolge la sua parafrasi, se c’è disaccordo tra noi: tra essa e quel non so che in me che sembrerebbe esserle sottomesso. La mano non è che il prolungamento della sensibilità  e dell’intelligenza. Quanto più è pronta, tanto più è obbediente. Non bisogna che la serva divenga padrona.

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