Ucraina, lo spettro della secessione

by Sergio Segio | 24 Gennaio 2014 9:12

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Bat­ti­becco tra Klichho, capo del par­tito «Kulak», e la folla; lui chiede a Yanu­ko­vich di ces­sare l’escalation, di indire ele­zioni pre­si­den­ziali anti­ci­pate per non fare la fine di Ceau­ce­scu. La folla: «Quali ele­zioni? Rivo­lu­zione!». L’episodio dice che la situa­zione in Ucraina è di svolta. Per il movi­mento di pro­te­sta non si tratta più di spin­gere Yanu­ko­vich a fir­mare l’accordo di asso­cia­zione all’Ue o a con­vo­care le ele­zioni, ma di abbat­tere il regime. La sosti­tu­zione di obiet­tivi è dovuta al fatto che, per il movi­mento, Yanu­kovch mira, con le leggi liber­ti­cide da «colpo di stato» che ha appro­vato, a instau­rare la dit­ta­tura e andrebbe arre­stato. Fino a un mese fa dichia­ra­zioni del genere sareb­bero state con­si­de­rate una provocazione.

Ora gli stessi lea­der del movi­mento di pro­te­sta sono for­te­mente con­di­zio­nati dai gruppi più radi­cali e di estrema destra, i cui capi la notte scorsa sono stati con­vo­cati e hanno dovuto subire un ulti­ma­tum. Que­sti capi sono al comando dei reparti di auto­di­fesa e sono in mag­gio­ranza reduci della guerra afghana, vete­rani delle truppe spe­ciali. Non li ral­le­gra affatto la pro­spet­tiva di stare nelle tende a Maj­dan fino a marzo del 2015, quando si ter­ranno le ele­zioni ordi­na­rie. Tanto più che Yanu­ko­vich ha messo in campo gruppi di donne che attac­cano le bar­ri­cate dei rivol­tosi al grido: «Anda­te­vene da Kiev», allu­dendo al fatto che sono per­sone giunte da altre parti del paese, in par­ti­co­lare dalla Gali­zia «a fare la rivoluzione».

Il movi­mento di piazza Maj­dan è ali­men­tato da un forte mal­con­tento popo­lare. E pro­ba­bil­mente le bar­ri­cate nel cen­tro di Kiev sono solo il sim­bolo di una più pro­fonda pro­te­sta sociale, che scom­pa­rirà solo quando saranno eli­mi­nate le cause che l’hanno ori­gi­nata. Per il poli­to­logo Vita­lij Bala , la pro­te­sta è sorta a causa della crisi eco­no­mica e per­ché i cit­ta­dini non accet­tano più l’attuale sistema di potere cor­rotto: «Si tratta di un con­flitto — dichiara — tra il potere e il popolo che non è con­trol­lato e diretto dai lea­der dell’opposizione».

Che in Ucraina sia in corso una lotta per l’abbattimento dell’attuale regime sem­bra dimo­strato anche dal fatto che nella serata di mer­co­ledì, gli atti­vi­sti e le oppo­si­zioni hanno con­vo­cato l’assemblea costi­tuente della Rada popo­lare di Ucraina, desti­nata, nelle loro inten­zioni, a diven­tare il vero par­la­mento. L’organo di potere paral­lelo così si è espresso: «Noi non chie­diamo più niente per­ché in due mesi di pro­te­sta paci­fica nes­suna delle nostre richie­ste è stata ascol­tata. Solo il nuovo potere popo­lare sarà in grado di fer­mare lo spar­gi­mento di san­gue e di sal­va­guar­dare l’unità dell’Ucraina». L’obiettivo pri­ma­rio del par­la­mento paral­lelo è quello di orga­niz­zare un voto di sfi­du­cia popo­lare a Yanu­ko­vich. Gli atti­vi­sti di Maj­dan for­mano intanto i reparti di auto­di­fesa con­tro l’imperversare nelle vie delle città di gio­vani che incen­diano auto, rubano, pic­chiano e rapi­scono per­sone, com’è acca­duto al noto gior­na­li­sta Igior Litsenko.

Tutto ciò non somi­glia alla «rivo­lu­zione aran­cione» del novem­bre del 2004 che chie­deva la ripe­ti­zione delle ele­zioni pre­si­den­ziali vinte da Yanu­ko­vich con­tro Yushenko che, insieme alla Julja Timo­shenko gui­dava e orga­niz­zava la pro­te­sta. Le ele­zioni furono ricon­vo­cate e vinse Yushenko. Il movi­mento di Maj­dan sem­bra somi­gliare piut­to­sto a quello che sorse in Ucraina e in tutta l’Urss nel 1989–1991 e portò alla caduta del regime sovie­tico e all’indipendenza dell’Ucraina. Ma con una novità impor­tante: oggi è in discus­sione la stessa unità dell’Ucraina.

Il ter­ri­to­rio del paese può essere diviso infatti in tre grandi aree: quella occi­den­tale costi­tuita dalla Gali­zia e da altre terre, i cui cit­ta­dini sono di reli­gione cat­to­lica in pre­va­lenza, e ha come capi­tale Leo­poli; l’area con capi­tale Kiev com­po­sta in pre­va­lenza da ucraini; l’area orien­tale e meri­dio­nale nella quale vive una forte mino­ranza russa, in città come Odessa, Dne­pro­pe­tro­vsk, Khar­kov e in Cri­mea. La mino­ranza russa man­tiene forti legami con la Rus­sia, parla solo il russo, legami che ven­gono raf­for­zati dalla pre­senza di forti inve­sti­menti russi . Essa è por­tata ovvia­mente a soste­nere chi ha inte­resse a man­te­nere buoni rap­porti con la Russia.

Per que­sto Yanu­ko­vich nel suo ope­rato non può non tenerne conto. Ed è facile pre­ve­dere che una «rivo­lu­zione» chia­ra­mente diretta a con­tra­stare l’influenza della Rus­sia nel paese, inci­de­rebbe anche sugli inte­ressi degli ucraini di nazio­na­lità russa. Appare così evi­dente che la situa­zione è in un vicolo cieco. Giu­sta­mente Gor­ba­ciov ha dichia­rato che occorre impe­dire una seces­sione e il peg­gio­ra­mento dei rap­porti con la Rus­sia e ha fatto appello a Obama e a Putin a con­cor­dare un’azione che riporti l’Ucraina sulla via dello svi­luppo pacifico.

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