Vendite record per Chrysler Il governo: “Vigileremo su Fiat e sugli impegni presi in Italia”
TORINO — I dati del mercato auto americano lo confermano: la nuova società che nascerà dalla fusione tra Fiat e Chrysler sarà, almeno per un periodo, ancora a due velocità. Giovedì i risultati delle vendite in Italia avevano confermato che nell’arco del 2013 Fiat ha perso il 9 per cento delle immatricolazioni. Ieri Chrysler ha annunciato che lo scorso anno ha guadagnato il 9 per cento in Usa. Dati speculari che spingono una parte dell’opinione pubblica americana a guardare con diffidenza all’accordo chiuso da Marchionne e Bob King, il leader del sindacato Chrysler: «Succederà come con Daimler che venne qui e si prese i soldi di Chrysler», dichiarava ieri all’Ansa Gary Pacheco, dipendente dello stabilimento di Trenton. Messaggi dello stesso tenore si trovano sul sito del sindacato Uaw.
Campanilismi speculari a quelli di coloro che in Italia temono «l’americanizzazione della Fiat», come paventa il responsabile sviluppo di Scelta civica, Paolo Vitelli. Anche se ieri mattina il governo, con il sottosegretario allo sviluppo economico, Claudio De Vincenti, ha assicurato che «il governo vigilerà sugli impegni presi da Fiat. Per i sindacati firmatari degli accordi con il Lingotto, l’intesa di Capodanno «è un grande successo», come sostiene il leader della Cisl, Raffaele Bonanni affermando che «così si sono salvate le produzioni di Chrysler e Fiat». Irritato dalle polemiche il leader della Uil, Luigi Ange-letti, che a «Radio anch’io» risponde alla domanda sul rischio che il quartier generale del nuovo gruppo lasci il Lingotto per andare in America: «È quello che si decide che conta, non dove lo si decide ». Sintetico il giudizio di Susanna Camusso della Cgil: «Non vorrei che si dimenticasse il prezzo pagato dall’Italia e dai lavoratori affinché Marchionne realizzasse la sua strategia».
Accanto alle schermaglie sindacali si presentano all’orizzonte di Fiat-Chrysler appuntamenti impegnativi. Il primo è il 20 gennaio, data scelta per il closing dell’operazione con il trasferimento al Lingotto del 41,5 per cento di azioni Chrysler ancora in mano al fondo assistenziale Veba. Il secondo appuntamento di rilievo è il 30 gennaio quando si riunirà il consiglio di amministrazione Fiat per analizzare i dati di fine 2013 e per cominciare a delineare la strategia della fusione tra Torino e Detroit. I più scettici tra gli analisti continuano a sottolineare che dopo la fusione il debito di Chrysler potrebbe limitare molto la capacità di manovra di Marchionne. Molto dipenderà però dai tempi e dai modi con cui la nuova società nata dalla fusione verrà quotata in Borsa. Se l’Ipo avesse successo, una parte dei proventi potrebbe essere utilizzata per ridurre l’indebitamento. Per ora le agenzie di rating si mantengono
prudenti. Ieri Moody’s ha confermato il giudizio B1 sul Lingotto con un outlook stabile. Secondo l’agenzia l’accordo di Capodanno faciliterà le sinergie finanziarie e industriali tra i due gruppi anche se la liquidità di Chrysler scenderà di quasi 2 miliardi di dollari su 14 per effetto del dividendo straordinario pagato dalla casa di Auburn Hills per facilitare il passaggio a Fiat delle quote del trust sindacale Veba.
La vera sfida, sottolineava ieri il New York Times «è quella della ripresa delle attività Fiat in Europa » e della espansione in Asia, magari con un nuovo partner (si torna a parlare di un’alleanza con Suzuki). In ogni caso una ripresa delle attività italiane si impone perché non è immaginabile una fusione societaria sul piano finanziario con grandi disparità geografiche su quello produttivo.
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