Pechino e Taiwan: mai stati così vicini

by Sergio Segio | 12 Febbraio 2014 11:45

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Da oggi fino al 14 feb­braio, dopo 65 anni dalla guerra civile che separò la Repub­blica Popo­lare cinese da Tai­wan, sono comin­ciati i col­lo­qui di più alto livello tra i poli­tici dei due paesi. Si tratta di incon­tri che costi­tui­scono un’occasione defi­nita «sim­bo­lica, ma sto­rica». L’incontro è stato orga­niz­zato a Nan­chino; un segnale della buona pre­di­spo­si­zione di Pechino, si dice, poi­ché la città fu per ben due volte l’antica «capi­tale del Sud», quando a regnare sul paese erano pro­prio i nazio­na­li­sti di Chang Kai shek, prima di scap­pare a Tai­wan a seguito della vit­to­ria comunista.

Il sum­mit nasce dopo innu­me­re­voli sforzi diplo­ma­tici («è incre­di­bile lo sforzo fatto per arri­vare a que­sto tavolo comune», ha spe­ci­fi­cato il rap­pre­sen­tante tai­wa­nese), che da tempo hanno posto come obiet­tivo pri­ma­rio la «nor­ma­liz­za­zione» delle rela­zioni. Un per­corso ini­ziato già durante la scorsa lea­der­ship cinese, quella diretta da Hu Jin­tao, attra­verso il soste­gno e la vit­to­ria poi del par­tito dell’isola pro Pechino. L’incontro tra le dele­ga­zioni, gui­date per Tai­wan dal mini­stro com­pe­tente per il Con­si­glio per gli Affari con­ti­nen­tali Wang Yu-chi e per Pechino dal diret­tore dell’Ufficio per gli affari di Tai­wan, il mini­stro Zhang Zhi­jun, segna dun­que un momento di impor­tanza sto­rica per i due paesi e per l’area asia­tica in generale.

Wang ha rac­con­tato che que­sta serie di incon­tri aprirà un nuovo capi­tolo nelle rela­zioni tra Tai­pei e Pechino, sot­to­li­nendo che spera che vi sarà nel futuro una visita di Zhang a Tai­wan. «Un incon­tro del genere non è una cosa facile — ha detto ai gior­na­li­sti — è il risul­tato di con­tatti di anni tra le due parti. Spero che le cose pro­ce­dano senza intoppi». Quella di Wang è la prima visita in Cina del mini­stro respon­sa­bile delle rela­zioni con il gigante asiatico.

Nor­ma­liz­zare le rela­zioni

Nell’incontro dell’Opec a Bali, lo scorso otto­bre, Xi Jin­ping, segre­ta­rio del Par­tito comu­ni­sta e Pre­si­dente della Repub­blica popo­lare cinese era stato chiaro, quando aveva spe­ci­fi­cato che le rela­zioni tra Tai­wan e la Cina non pote­vano andare avanti per sem­pre, senza un avvi­ci­na­mento che fosse reale e poli­tico, oltre che com­mer­ciale (dal 2008 gli scambi eco­no­mici tra i due paesi sono dupli­cati). Il dilemma e l’acrimonia tra i due Stati, non può river­sarsi di gene­ra­zione in gene­ra­zione, aveva spie­gato Xi Jin­ping. Affer­ma­zioni che ave­vano anti­ci­pato una nuova rela­zione tra due popoli che dal 1949 sono sepa­rati e si guar­dano in cagnesco.

I tai­wa­nesi, del resto, vivono la pro­pria iden­tità sen­ten­dosi molto più cinesi dei cinesi. Si con­si­de­rano loro i veri depo­si­tari dell’essenza cinese: usano ancora i carat­teri tra­di­zio­nali, al con­tra­rio della Cina che si è con­ver­tita ai carat­teri sem­pli­fi­cati, si sen­tono anco­rati alle tra­di­zioni spi­ri­tuali con­fu­ciane, alle arti mar­ziali e si per­ce­pi­scono tut­tora come i rap­pre­sen­tanti di una Cina che non si è pie­gata alla fase comu­ni­sta e che anzi, molto prima delle svolte den­ghiane, si era affac­ciata sul mer­cato mon­diale gra­zie ai pro­pri pro­dotti tec­no­lo­gici, diven­tando per altro una delle ormai note «tigri asia­ti­che», pre­di­spo­nendo un sistema poli­tico demo­cra­tico. Pas­seg­giando per le strade di Tai­pei, e par­lando con la popo­la­zione locale, si hanno con­ti­nue sot­to­li­nea­ture della distanza tra i due popoli.

Eppure la poli­tica e le sorti eco­no­mi­che del con­ti­nente, hanno finito per spin­gere i due paesi ad un com­pro­messo, com­plice l’espansione ame­ri­cana nell’Asia e una crisi eco­no­mica dell’isola che ha faci­li­tato le rela­zioni com­mer­ciali con Pechino. Con l’elezione del Pre­si­dente Ma Ying-Jeou, nel 2008 (il para­dosso è che il Par­tito mag­gior­mente pro Pechino nel corso degli anni è diven­tato pro­prio il Guo­min­dang del ter­ri­bile nemico Chang Kai-shek, con il Par­tito Demo­cra­tico su posi­zioni com­ple­ta­mente anti cinesi) i rap­porti tra i due paesi si erano defi­ni­ti­va­mente rilas­sati. Se fino a poco prima i tanti tai­wa­nesi che vive­vano in Cina, per tor­nare a casa dove­vano pas­sare obbli­ga­to­ria­mente da Hong Kong, un primo segnale fu pro­prio la pos­si­bi­lità di volare diret­ta­mente dalla Cina a Tai­wan, svi­lup­pando in poco tempo un fio­rente mer­cato turistico.

I nomi e la storia

Alcuni giorni fa sull’isola è scop­piata una pole­mica a seguito di una revi­sione dei libri sco­la­stici. Tra le riforme, c’era anche quella di chia­mare «Cina con­ti­nen­tale» anzi­ché «Cina» il vec­chio nemico sto­rico. Alcuni hanno pro­te­stato, per­ché la nuova ter­mi­no­lo­gia indi­che­rebbe una pros­si­mità ter­ri­to­riale poco gra­dita. Nei giorni in cui la riforma era annun­ciata, ci sono state alcune pro­te­ste a Tai­wan. «Chia­mare la Cina, “Cina con­ti­nen­tale” implica che Tai­wan e la Cina sono ad un certo livello parte di una stessa entità. La revi­sione sto­rica sta cer­cando di sot­to­li­neare il legame tra Tai­wan e la Cina», ha detto al Wall Street Jour­nal il mani­fe­stante Ben Chiang, 28 anni, un can­di­dato al dot­to­rato in let­te­ra­tura alla Natio­nal Tai­wan Uni­ver­sity. «Se il governo può cam­biare cose come que­sta, ho paura che poi rive­drà la nostra sto­ria». Il mini­stero dell’istruzione – pro­se­guiva il quo­ti­diano eco­no­mico — ha detto in una dichia­ra­zione del 27 gen­naio che la revi­sione sarebbe «un ade­gua­mento delle dici­tura basata sulla Costi­tu­zione ed i rego­la­menti che disci­pli­nano le rela­zioni attra­verso lo stretto di Tai­wan. I cam­bia­menti sono in linea con le esi­genze pra­ti­che delle pro­spet­tive giu­ri­di­che e sociali».

Quanto sospet­tava il mani­fe­stante, sem­bre­rebbe cor­ri­spon­dere alla realtà, visto l’incontro di Nan­chino. E la stampa cinese sta elo­giando il sum­mit, sot­to­li­neando come — al ter­mine del primo round di col­lo­qui — si stia seguendo quel con­senso del 1992, che par­lava chia­ra­mente di «una sola Cina».

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