Il grande evento, parte l’asta per i terreni

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Expo e poi più. L’espressione dia­let­tale fa il verso a un cele­bre pro­ver­bio mila­nese che recita Milan e poeu pù. Signi­fica che Milano è il mas­simo e non c’è niente di più. Ma si adatta bene al signi­fi­cato alche­mico che ha assunto la Fiera inter­na­zio­nale. Expo è diven­tata una parola magica, sal­vi­fica, in nome della quale ogni sacri­fi­cio pare lecito. Il 2015 un momento cru­ciale. Punto di arrivo e ripar­tenza dopo anni di crisi. Sull’evento punta il tra­bal­lante governo Letta e il capi­ta­li­smo ita­liano di cui Milano resta capi­tale. E intorno a Expo e al post-Expo si gioca la par­tita che deci­derà chi coman­derà la città e il Paese.

È in que­sto qua­dro che vanno letti i pro­getti futu­ri­bili da attuare sui ter­reni dedi­cati alla fiera a Rho-Pero dopo il 2105, ma anche i ripo­si­zio­na­menti poli­tici che quo­ti­dia­na­mente vanno in scena intorno al grande evento a 450 giorni dal via. Enrico Letta da Dubai, dove ha con­cluso un accordo con la pros­sima sede dell’esposizione uni­ver­sale, ha lan­ciato una sti­let­tata alle auto­rità mila­nesi: «Sul post-Expo siamo in ritardo». Maroni gli ha rispo­sto che non è infor­mato e in que­sti giorni i leghi­sti sono scesi in rivolta per­ché la mascotte della mani­fe­sta­zione, dopo un son­dag­gio tra i bam­bini ita­liani, si chia­merà alla napo­le­tana: gua­gliò. Intanto il 36% dei mila­nesi non è infor­mato sul tema dell’esposizione: il cibo. E solo il 67% crede che sarà un successo.

Sui ter­reni di Expo Maroni vor­rebbe rea­liz­zare una cit­ta­della dello sport con tanto di nuovo sta­dio, sul modello euro­peo, con negozi e risto­ranti, in grado di far rifia­tare il bilan­cio sem­pre più povero di Milan e Inter. I neroaz­zurri sono stati i primi a sognare l’affare, ma negli ultimi mesi si è fatto sem­pre più avanti il Milan. Il ros­so­nero Maroni ne è felice. Il sin­daco Pisa­pia forse pre­fe­ri­rebbe che l’area ospi­tasse pro­getti pub­blici e sociali, magari la nuova sede della Rai pronta a tra­slo­care dalla sto­rica sede di corso Sem­pione. Ma i ver­tici della tv pub­blica pre­fe­ri­scono una loca­tion più cen­trale. Per cer­care di stem­pe­rare le ten­sioni si è deciso di dele­gare ogni deci­sione a una gara d’appalto. Set­ti­mana scorsa Luciano Pilotti, pre­si­dente di Arexpo, la società pro­prie­ta­ria dei ter­reni, ha annun­ciato che la gara sarà lan­ciata a giorni con una base d’asta di 300 milioni. Non molto, viste le enormi risorsi pub­bli­che inve­stite. Metà dei ter­reni dovreb­bero diven­tare un parco mul­ti­te­ma­tico, ma il vero busi­ness ruota intorno alle volumetrie.

Expo è stata l’asso nella manica con cui l’ex sin­daco Leti­zia Moratti ha cer­cato di dare un senso alla sre­go­lata spe­cu­la­zione edi­li­zia che ha fatto girare i soldi negli ultimi venti anni post-industriali. Il gioco del mat­tone del grande capi­tale mila­nese ha pun­tato tutto su pro­getti spe­cu­la­tivi che hanno tra­sfor­mato la città in un grande can­tiere. Da una parte gli immo­bi­lia­ri­sti, impren­di­tori corag­giosi e spreg<CW-35>iudicati, dall’altra le grandi ban­che pronte a dare loro cre­dito per miliardi e a usare il cemento come stru­mento finan­zia­rio. A gestire il traf­fico la poli­tica. Al governo la destra leghi­sta e ciel­lina dell’ex gover­na­tore cele­ste For­mi­goni, all’opposizione il cen­tro­si­ni­stra più sco­lo­rito di sem­pre: il Pd di Penati. Com­pa­gnia delle Opere e coo­pe­ra­tive sem­pre meno rosse. Sot­to­trac­cia la mala­vita pronta a fare affari intorno ai can­tieri, sulle boni­fi­che e nel movi­mento terra. Una cuc­ca­gna durata per decenni. Poi la crisi. Il mer­cato immo­bi­liare è crol­lato e sono fal­liti per­so­naggi come Zunino e Ligre­sti. Pisa­pia ha bat­tuto la Moratti e For­mi­goni è caduto tra­volto dagli scan­dali. Ma Milano non è ancora riu­scita a reinventarsi.

A Milano e pro­vin­cia la com­pra­ven­dita di case nel 2012 è scesa del 25% (l’altro giorno si è esul­tato per una misera ripresa dell’0,1%). Expo è diven­tata l’unica ciam­bella di sal­va­tag­gio per tutti. Anche per il sin­daco Pisa­pia che negli ultimi due anni, volente o nolente, ha dovuto pun­tare le poche risorse di un bilan­cio sem­pre più magro sul mega evento. E così intorno a Expo si incon­trano e si scon­trano ex poteri forti sem­pre più indeboliti.


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