Il Nobel anti-austerity lascia l’università dei ricchi “No alle diseguaglianze”

Il Nobel anti-austerity lascia l’università dei ricchi “No alle diseguaglianze”

Loading

Federlico Rampini, la Repubblica

NEW YORK — È il più celebre avversario dell’austerity, l’economista “liberal” per eccellenza, il continuatore delle idee progressiste di John Maynard Keynes. Ora Paul Krugman diventa anche un esempio di coerenza. Lascia una delle migliori università del mondo, privata, per andare a insegnare in un college pubblico. Il premio Nobel dell’Economia, che è anche un divulgatore e polemista con i suoi editoriali sul New York Times, dà l’annuncio sul suo blog. «A 61 anni – scrive Krugman – è ora di riflettere in profondità su quello che voglio veramente fare in questa fase della mia vita». La conseguenza di quella riflessione è l’addio a Princeton, una delle più prestigiose istituzioni accademiche. Fondata nel 1746 nell’omonima cittadina del New Jersey, Princeton fa parte dell’esclusivo club dell’Ivy League che riunisce l’aristocrazia degli studi superiori, alla pari con Harvard, Columbia e Yale. Avendo istruito l’élite americana, generazioni di leader politici, grandi imprenditori e top manager, Princeton viene ripagata generosamente dalle donazioni dei suoi ex alunni. Grazie al mecenatismo questa università privata oggi sta “seduta” su un tesoro di 18,2 miliardi: è il fondo di dotazione le cui rendite (oltre alle rette studentesche) pagano stipendi, borse di studio ai meno abbienti, progetti di ricerca. Con 1.172 professori per ottomila studenti, Princeton vanta un “quoziente” docentiallievi ideale per garantire l’alto livello degli studi. Un paradiso accademico, dove tutto funziona a perfezione. Krugman gliene dà atto, è pieno di gratitudine verso «la qualità intellettuale di Princeton, un luogo meraviglioso per me sia dal punto di vista professionale che personale».
Da quest’estate, Krugman andrà in un’istituzione molto più povera. Snobbando le offerte di due altri poli privati di Manhattan, Columbia e Nyu, ha scelto Cuny (City University of New York) che è la più grande università pubblica newyorchese. Una “fabbrica di laureati” democratica e di massa. Il confronto nei numeri è impressionante. Cuny ha 540.000 studenti cioè 67 volte quelli di Princeton. E ha un bilancio di soli 3 miliardi l’anno. Le donazioni private sono un rigagnolo rispetto ai ricchi lasciti degli ex alunni di Princeton. Questo non ha impedito a Cuny di sfornare nel corso della sua storia ben 12 premi Nobel: la qualità non è associata per forza all’élitismo. Nella storia di Cuny c’è un fiore all’occhiello che la distingue dal club privato dell’Ivy League: fondata nel 1847 come City College of New York, questa università negli anni Trenta spalancò le sue porte all’intellighenzia ebraica newyorchese che era ancora discrminata nelle università “Wasp” (white, anglo-saxon, protestant).
La scelta “di classe” di Krugman è anche legata ai contenuti dei suoi studi. Lo scrive sul suo blog: «Il mio lavoro si sta concentrando sempre più sui problemi della diseguaglianza di reddito». Uno dei centri d’eccellenza per gli studi delle diseguaglianze è proprio a Cuny, nel settore postlaurea (dove cioè si formano studenti che seguono i master o i PhD., dottorati di ricerca), in un dipartimento specializzato che si chiama Luxembourg Income Study. Una università di massa, istituzione democratica e progressista, è il luogo ideale per portare avanti la ricerca su questo tema che Krugman propone spesso nei suoi editoriali: l’attuale Slow Economy, la ripresa debole degli Stati Uniti, è frenata dal modello diseguale che concentra troppe risorse in una ristretta oligarchia, e lesina il potere d’acquisto nella maggioranza della popolazione. Fustigatore implacabile dell’austerity europea, che condanna senza attenuanti, Krugman accetta però un po’ di austerity nel proprio stipendio personale: Cuny non può pagare i suoi docenti come Princeton.



Related Articles

A novembre record di occupati senza qualità

Loading

Istat. Valore più alto dall’inizio delle serie storiche: quasi 23,5 milioni, tasso al 9,7%. Conte e Catalfo brindano, Cgil critica: sempre fra gli ultimi in Europa

La Cgil dice no alla manovra di Tremonti: «Piuttosto vanno tassati i grandi patrimoni»

Loading

Contratti, avviso a Cisl e Uil: «Non siamo più nel 2009, la gente chiede democrazia. No a patti separati»

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment