Aborto, la Ue ci bacchetta: troppi obiettori Il ministro: non sono ostacolo

Aborto, la Ue ci bacchetta: troppi obiettori Il ministro: non sono ostacolo

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«A causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza, l’Italia viola i diritti delle donne che, alle condizioni prescritte dalla legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza». È quanto si legge in un documento del Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa in risposta al reclamo collettivo, presentato da oltre un anno dalla Cgil insieme ad altre associazioni, tra cui l’associazione non governativa «International Planned Parenthood Federation European Network» (Ippf). Secondo il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso – che lo rende noto – «è un atto forte che sancisce un diritto fondamentale e incontrovertibile per le donne: quello della libertà di scegliere della propria vita e del proprio corpo, con un’assistenza sanitaria adeguata, come prevede la legge». Una risposta, fa sapere la Cgil, che sancisce come «l’Italia violi i diritti stabiliti dalla legge 194, l’obiezione di coscienza non può impedire la corretta applicazione della norma». Secondo la leader della Cgil «che proprio nella Giornata internazionale della donna, il Comitato europeo dei diritti Sociali del Consiglio d’Europa abbia ufficialmente riconosciuto la violazione dei diritti delle donne che intendono interrompere la gravidanza, ha poi un grande valore, anche simbolico. A dimostrazione che i diritti non sono irreversibili e che, specialmente quando vengono messi in discussione con tanta perseveranza, richiedono altrettanta determinazione. È questo – conclude Camusso – il messaggio più significativo che possiamo oggi trasmettere alle giovani generazioni».
La difficoltà di applicazione della legge 194 è un fatto ormai noto. L’Unità aveva documentato come la presenza dei medici obiettori negli ospedali di fatto costringeva molte coppie a una penosa ricerca di ospedali attrezzati per tutta Italia. Molte coppie, poi, sistematicamente scelgono di operare l’interruzione di gravidanza fuori dall’Italia, in Inghilterra, ad esempio, o nella più vicina Spagna, ma anche in Francia o in Slovenia.
L’uscita del Consiglio d’Europa però non ha smosso troppo le acque. Il ministero della Salute ha risposto dicendo che «in Italia il carico di lavoro per i ginecologi non obiettori negli ultimi trent’anni si è dimezzato, passando da 3.3 aborti a settimana nel 1983 agli attuali 1.7». I dati del ministero sono però confutati dalle associazioni come la Laiga, che associa i ginecologi non obiettori, una delle poche a fare un indagine a tutto campo proprio sull’impossibilità di avere un servizio seppur garantito dalla legge.
Una realtà che il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, fa finta di non vedere fissando il numero di obiettori a una cifra che balla, per ogni regione, intorno al 70%. Ma si tratta di una media semplice, fuorviante. In certe realtà l’applicazione della 194 è complicata. Nel Lazio, ad esempio, su un numero totale di 391 ginecologi strutturati nei reparti solo 33 non obiettori eseguono l’interruzione di gravidanza volontaria. Neanche uno su dieci. Non che da altre parti vada meglio. In Sardegna negli ospedali Civili di Bosa e di Ozieri, sono quasi tutti obiettori. In Campania solo il 16% dei ginecologi è non obiettore, in Calabria la percentuale si abbassa anche di più (sfiorando appena il solo il 7%).



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