Il Boeing era già invisibile ai radar quando il pilota disse «è tutto ok»

Il Boeing era già invisibile ai radar quando il pilota disse «è tutto ok»

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Che cosa è successo nella cabina del Boeing 777-200 nella notte di sabato 8 marzo? I servizi segreti americani sono convinti che «quelli lì dentro», nel muso dell’aereo, siano i responsabili di un caso capace di cambiare la storia dell’aviazione civile. Anche perché è emerso un nuovo elemento confermato dalle autorità locali: quando c’è stato l’ultimo contatto radio tra cabina e controllori sia il sistema di trasmissione dati Acars che il transponder erano già stati spenti. Operazioni che richiedono una certa preparazione. È dunque l’intelligence Usa che spinge i malesi a passare al setaccio la vita dei piloti e dell’equipaggio del volo MH370 decollato da Kuala Lumpur e mai arrivato a Pechino. «Volevano delle ragioni per indagare su di loro, gliele abbiamo date», dicono a Washington.
La ricerca diventa caccia
«Stiamo ricentrando le indagini su equipaggio e passeggeri», ammettono le autorità di Kuala Lumpur. Le direzioni seguite sono sequestro dell’aereo, sabotaggio, terrorismo, anche lo stato mentale del personale di terra verrà verificato, ha spiegato il capo della polizia. La ricerca del Boeing o dei suoi resti si svolge lungo un arco con un diametro di 8 mila chilometri, coinvolge ormai 25 Paesi e più di un centinaio di navi e velivoli militari. «Non escludiamo niente, ora abbiamo delle tracce da seguire», assicurano i malesi. L’ultimo «ping», il segnale captato da un satellite Inmarsat alle 8.11 del mattino di sabato, potrebbe anche essere partito da terra: lanciato da un jet precipitato o atterrato? Erano (sono?) cinesi 154 dei 227 passeggeri e all’ipotesi dell’atto di pirateria si sono aggrappati i parenti.
I primi tre sospettati
La polizia ha perquisito per il secondo giorno la casa del comandante, Zaharie Ahmad Shah, 53 anni. Si è saputo che il pilota era un sostenitore del partito d’opposizione e che forse prima di partire per l’ultimo volo era andato al processo contro il suo leader Anwar Ibrahim (condannato per sodomia il 7 marzo in un giudizio controverso). Sembra folle che quel fatto possa averlo riempito di tanta rabbia da distruggere così tante vite. Gli amici non ci vogliono credere e lo descrivono come tranquillo, gioviale, appassionato di cucina ed ecologia. Aveva in casa un simulatore del volo che la polizia ora sta analizzando. Del copilota, Fariq Abdul Hamid, 27 anni, si dice che fosse un playboy e che amasse il calcetto. Andava in moschea e gli investigatori stanno verificando se avesse amicizie sospette. I due non avevano chiesto di volare insieme e questo fa pensare che non fossero complici. E poi spunta un terzo uomo con possibili capacità di pilotaggio: Mohd Khairul Amri Selamat, ingegnere aeronautico di 29 anni era tra i passeggeri. Sembra inoltre che manchino informazioni precise su altre delle persone a bordo. Non è azzardato pensare che gli americani, attraverso l’Nsa, stiano passando in rassegna la vita «digitale» (email, messaggi) e i contatti telefonici del terzetto o di persone «interessanti». Sono gli unici a poterlo fare in profondità.
Il punto perfetto
Fonti statunitensi sostengono che il jet è scomparso dal radar civile nel «punto perfetto», al confine tra lo spazio aereo malese e quello vietnamita. Una zona grigia. Interessante anche la sequenza chiusa in una ventina di minuti. Disattivazione dell’Acars, spegnimento del transponder, quindi l’ultimo messaggio del pilota o di uno che lo impersonava: «Tutto ok, buona notte». Forse un tentativo di rassicurare nel caso che da terra si fossero accorti che il flusso di dati si era interrotto. Dire che il volo fila liscio, virare verso Ovest, quindi la «fuga» con i cambi di quota. Manovre magari causate da una lotta a bordo o da scelta deliberata. Nota: se è stato il pilota ha provato tutto questo al suo simulatore o comunque si è preparato per sfuggire ai controlli. L’unica disattenzione, come sottolinea l’esperto aeronautico David Cenciotti, è legata all’apparato Satcom (in coda al jet) che mantiene il link tra velivolo e satellite. Infatti ha lasciato una traccia. Resta il mistero del messaggio tranquillizzante.
Le domande sul movente
Mancano sempre movente e meta finale. Dalla Gran Bretagna rilanciano la pista qaedista. Durante un processo il terrorista Sajid Badat ha rivelato i dettagli di un vecchio piano di dirottamento: un commando doveva far saltare la porta blindata di un jet usando esplosivo nascosto nelle scarpe. Un paio era stato consegnato a 5 militanti malesi. C’è poi chi non esclude che il Boeing sia atterrato su una delle oltre 600 piste sparse nella regione e cita le autorità che parlano dell’ultimo segnale proveniente «da terra». Il seguito potrebbe essere da romanzo, con il jet usato per un’azione spettacolare. Da qui il silenzio degli autori. Sempre che non sia finito in fondo al mare o in una regione remota. Sempre che non lo abbiano abbattuto in segreto.


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